LA RAI DOPO AMADEUS PERDE ANCHE I SOLITI IGNOTI
La chiamano TeleMeloni e sul termine utilizzato il dibattito è acceso ormai da tempo. Si potrebbe scegliere un’altra definizione, più neutra ma efficace: TeleFantozzi. Sì, perché la nuova Rai ha fatto scadere un titolo di punta, non ha rinnovato i diritti e per il gruppo Warner Bros. Discovery portar via il programma da Viale Mazzini è stato fin troppo semplice.
Stiamo parlando dei “Soliti Ignoti“, il game show dedicato alle identità nascoste condotto da Amadeus dal 20 marzo 2017 al 15 aprile 2023. […] La notizia era nell’aria da settimane, ora ufficializzata in un’intervista da Laura Carafoli, responsabile dei contenuti Sud Europa del gruppo Warner Bros. Discovery: “A settembre debutta su Nove con Identity, il format noto in Italia come I Soliti Ignoti. Una prima discesa in campo con un prodotto che parla a tutti“.
I dirigenti di Viale Mazzini hanno ricordato l’importanza dei format, quasi a sminuire la forza dei volti e l’addio di Amadeus. E sono riusciti nell’impresa di perdere non solo il volto di punta del servizio pubblico ma anche un titolo rodato e di successo. Un titolo che permetterà ad Amadeus di non ripartire da zero, di spingere la sua voglia di novità e innovazione soprattutto in prime time dove lo attendono due show per un totale di sedici puntate.
Così Rai1 dovrà sfidare il suo Re nella stessa fascia e riuscire a tenere tutto il pubblico di “Affari Tuoi“ che quasi certamente sarà affidato al discusso e potentissimo Stefano De Martino, nonostante le perplessità della casa di produzione Banijay. Con il ballerino forte di un contratto da otto milioni di euro per i prossimi quattro anni, riferisce il settimanale “Oggi”.
Alle prese con la critica ma anche con i numeri, l’ultima edizione condotta da Amadeus ha ottenuto una media stagionale vicina al 25% di share, con puntate al 31%, portando il gioco dei pacchi in gloria: si tratta dell’access prime time più visto su Rai1 in share degli ultimi quindici anni.
Se Amadeus lascia la Rai e si porta via anche i format di successo, il problema per l’azienda non è di poco conto. In ballo ci sono contratti pubblicitari e pubblico che potrebbero insieme cambiare canale.
Eppure a viale Mazzini fanno finta di niente e i vertici, vecchi e nuovi allo stesso tempo, si mostrano gaudenti firmare nuovi contratti plurimilionari mentre dall’altra parte disdettano accordi sindacali o provano sottoscriverne di nuovi senza aver messo nel conto alcuna valutazione relativa a un piano industriale del quale ancora non sono misurate le ricadute sull’organizzazione del lavoro e sui conti dell’azienda.
A poco valgono le generiche rassicurazioni dei vertici in scadenza sul mantenimento dei perimetri occupazionali. Da parte nostra registriamo solo tagli reali alle retribuzioni, azzeramento degli investimenti sulle news, riduzione degli organici, chiamate dirette di nuovi collaboratori esterni e una innaturale proliferazione di qualifiche ad personam che appare più spesso sganciata da qualsiasi ragionamento industriale e di prodotto.
Una logica complessiva che sta aumentando il lavoro di desk dei giornalisti che, senza troupe e tecnici per realizzare i servizi, non escono più dalle redazioni e sono sempre più condizionati dall’uso di immagini e notizie confezionate dagli uffici stampa invece che dalla possibilità di verificare direttamente i fatti per una informazione che sia realmente al servizio dei cittadini e non megafono di interessi particolari.