Mai così ricco (sei azzurri nei top 60, età media 23,3) e dominante. Con la finale sull’erba tedesca, Berrettini conferma la straordinaria capacità di reagire alle avversità (5 tornei giocati nel 2024, tre finali raggiunte), si rilancia in vista di Wimbledon, dove sarà la mina vagante, e risale al n.65: «Solo io e il mio team sappiamo cosa ho passato — ha detto —. Sono contento di aver cominciato la stagione sul verde con il piede giusto, mi servono match per ritrovare la continuità». Ma già sentirsi di nuovo un giocatore di tennis, fa bene al cuore. I complimenti di Jannik non si sono fatti attendere.
Nella settimana in cui Sinner prova a fare Sinner anche sull’erba (primo turno ad Halle con Griekspoor: subito un crash-test) e Carlos Alcaraz rilancia l’inseguimento alla sua nemesi italiana a Londra (al Queens debutto morbido con Cerundolo), il pensionato Roger Federer si prende il centro della scena: giovedì su Prime esce il documentario che racconta gli ultimi dodici giorni della sua esistenza da fuoriclasse, un girato che inizialmente il maestro dei maestri aveva chiesto ai registi Asif Kapadia e Joe Sabia come ricordo per la sua collezione privata e poi ha deciso di condividere con le legioni di discepoli.
Un’ora e 27 minuti di pura goduria con immagini in famiglia e la novità assoluta della prima intervista alla moglie Mirka, fin qui abbottonatissima. Insomma il tennis cambia sotto la spinta della forza centrifuga di Sinner e Alcaraz, la rivalità del prossimo decennio, ma non può impedirsi di essere nostalgico al pensiero del ritorno in tv del vecchio re indimenticato (310 settimane in vetta, di cui 237 consecutive), lo sfizio che Jannik — ahilui — non si toglierà mai.