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La Meloni si è adeguata in Europa altrimenti l’Italia affonda

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La tentazione sovranista di Giorgia Meloni, trapelata nelle scorse settimane e c onfermata dalla svolta isolazionista in occasione dell’ultimo Consiglio […]

La tentazione sovranista di Giorgia Meloni, trapelata nelle scorse settimane e c onfermata dalla svolta isolazionista in occasione dell’ultimo Consiglio europeo, è un piano ad alto rischio: attendere il voto in Francia, scommettere sul crollo di Emmanuel Macron e il trionfo di Marine Le Pen, colpire nel segreto dell’urna la candidatura di Ursula von der Leyen sperando in una sua bocciatura, preparare la strada del caos europeo d’intesa con gli euroscettici di Visegrad e i fan europei di Donald Trump.

Cosa verrebbe dopo l’eventuale sconfitta della politica tedesca, a dire il vero, è tutto da verificare: potrebbe addirittura andare peggio alla leader di Fratelli d’Italia, perché la maggioranza europeista sarebbe probabilmente costretta ad allargarsi ai Verdi. Ma l’investimento politico sarebbe evidente: posizionarsi all’opposizione a Bruxelles, coprirsi le spalle a destra in attesa di un’ondata nazionalista capace di stravolgere l’Occidente.

Va registrata una forza uguale e contraria, quella che nelle ultime ore si è attivata con l’obiettivo di portare Palazzo Chigi a sostenere Ursula, evitando lo scontro finale con l’Unione. Più che una tela è una forte spinta istituzionale e politica. Che ha iniziato a premere e continuerà a farlo per i prossimi diciannove giorni, quelli che ci dividono dal passaggio parlamentare europeo del 18 luglio.

È una somma di sensibilità. Non è un mistero, ad esempio, che il Colle ritenga necessario che l’Italia sieda nel gruppo di testa del continente. Ha messo agli atti la necessità che a Roma venga riconosciuto un ruolo centrale. Ma anche nei panni di arbitro considera necessario che Roma eviti pulsioni antieuropee e isolazioniste, costruendo una mediazione necessaria per il Paese. Questa è la linea che il Quirinale ha già consegnato e potrebbe ribadire anche nei prossimi giorni.

In questa linea si riconoscono molti dei principali attori di questa partita. Il primo a muoversi è stato Antonio Tajani. Ha mostrato un atteggiamento leale verso Meloni e negli ultimi giorni si è attivato per ricostruire un ponte con i popolari. L’obiettivo è raggiungere una formula di compromesso che consenta alla premier di restare in partita, immaginando lo scambio tra un buon portafoglio per Raffaele Fitto e un sostegno istituzionale alla nomina di Ursula. Offerto da premier e non da leader di Ecr, perché è ormai evidente che quel riconoscimento politico ai Conservatori non arriverà.

Ma anche Giancarlo Giorgetti, riferiscono da Palazzo Chigi, ha consegnato nelle ultime settimane alcune valutazioni tecniche — e non dunque politiche — che destano preoccupazione. Esiste un problema di numeri da non trascurare, è la sintesi del messaggio: senza una rete di protezione continentale, l’autunno si annuncia complesso. Si riferisce alla procedura di rientro per deficit eccessivo e al rischio di tensioni sui mercati. È lo stesso allarme che coinvolge le strutture dell’Economia e della Ragioneria, fino alla banca centrale.

Se il governo italiano dovesse rompere definitivamente con la nuova Commissione, le conseguenze sarebbero pesanti. Di recente, lo spread sui nostri titoli di Stato ha mostrato una tendenza al rialzo. E la pressione sul debito pubblico potrebbe aumentare entro l’autunno.

Nel Patto di stabilità, infatti, è previsto un rientro di 12 miliardi all’anno per i prossimi sette anni, a partire dalla manovra del 2024. Non è tanto un tema di flessibilità da chiedere a Bruxelles (la procedura ha criteri rigidi, semmai si può lavorare per scorporare dal computo del deficit altre spese), è soprattutto una questione di credibilità sui mercati.

Un conflitto aperto con Bruxelles potrebbe infatti indurre gli investitori a mostrarsi scettici verso la tenuta del Paese, alimentando il timore di una mancata “copertura” garantita a Roma. L’effetto potrebbe essere quello di innescare una spirale negativa tra tassi di interesse sui titoli di Stato e indebitamento delle casse.

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