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Un paese di ansiosi

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Nel 2023 la Spesa farmaceutica totale è stata pari a 36,2 miliardi di euro, di cui il 68,7% rimborsato dal […]

Nel 2023 la Spesa farmaceutica totale è stata pari a 36,2 miliardi di euro, di cui il 68,7% rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale (Ssn). Ogni giorno sono state consumate complessivamente 1.899 dosi di medicinali ogni 1000 abitanti, il 69,7% delle quali erogate a carico del Ssn e il restante 30,3% acquistate direttamente dal cittadino.

I farmaci per il sistema cardiovascolare si confermano al primo posto per consumi (513,9 dosi giornaliere per 1000 abitanti), seguiti da quelli dell’apparato gastrointestinale e metabolismo (298,6 dosi) e dai farmaci del sangue e organi emopoietici (144,5 dosi).

Questo quanto emerge dal Rapporto OsMed 2023 “L’uso dei Farmaci in Italia” pubblicato dall’Aifa (Agenzia italiana del farmaco). La Spesa territoriale pubblica, comprensiva di quella convenzionata e in distribuzione diretta e “per conto”, è stata di 12 miliardi e 998 milioni, con un aumento rispetto all’anno precedente del 3%.

La Spesa per compartecipazione a carico del cittadino è stata invece pari a 1 miliardo e 481 milioni, circa 25 euro pro-capite, dato in calo dell’1,3% dovuto alla riduzione del 2,5% del differenziale di prezzo rispetto al generico dovuto da chi acquista invece il farmaco “originator”. Aumenta invece dell’1,7% la Spesa per i ticket sulla ricetta o la confezione. La Spesa per i farmaci acquistati dalle strutture pubbliche, poi, è stata pari a 16,2 miliardi di euro e ha registrato una crescita dell’8,4% rispetto al 2022.

Sale il consumo dei farmaci generici in Italia ma il nostro Paese resta al terzultimo posto in Europa: lo sottolinea il rapporto Osmed 2023 dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), precisando che i generici erano il 9% nel 2011 e che sono saliti al 22,8% in termini di spesa e al 31,2% in termini di consumi. Il consumo di generici in Italia, sottolinea il report, resta basso, soprattutto se confrontato a quello di altri Paesi europei.

Negli ultimi 5 anni è stata registrata una crescita del 3% dei medicinali ‘no branded’, che occupano ancora il 44,3% del mercato dei farmaci a brevetto scaduto. Forti le differenze regionali. “In Calabria, Campania, Sicilia e Basilicata – precisa il report – il ricorso agli equivalenti oscilla infatti tra il 19 e il 21%, mentre a Trento e in Lombardia i valori sono rispettivamente del 44 e 43%”.La media Ue relativa al consumo di generici è invece del 51%, con Paesi come la Gran Bretagna che sono al 60%. L’Italia è invece prima per la diffusione del mercato dei biosimilari con l’80,8% del mercato dei farmaci biologici a brevetto scaduto.

“Occorre fare più informazione ma anche formazione – sottolinea il presidente dell’Aifa, Robert Nisticò – sull’importanza dell’utilizzo dei generici, che a parità di efficacia e sicurezza aiutano a tenere in ordine i conti dello Stato e quelli delle famiglie italiane che oggi spendono più di un miliardo per pagare la differenza di prezzo con il farmaco branded”.

Quanta diffidenza accompagni ancora il consumo dei generici lo dimostrata il miliardo e 60 milioni (dato in lieve flessione del 2,5%) della compartecipazione per il differenziale di prezzo tra l’ex-originator e no branded che ancora nel 2023 gli assistiti hanno pagato di tasca propria pur avendo un’alternativa gratuita. Un dato in leggera flessione del 2,5% rispetto all’anno precedente, ma che corrisponde ancora a una spesa pro-capite di 23,5 euro al Sud, di quasi la metà, 13,3 euro, al Nord.

Da un’analisi dell’Aifa sui generici introdotti dal 2021 è stata rilevata una riduzione del prezzo di circa il 20% rispetto all’originator, che ha sua volta già prima della commercializzazione dell’equivalente ha fatto in media registrare un ulteriore riduzione del prezzo. Per l’Aifa sui farmaci generici, ma anche sul fronte dell’appropriatezza delle prescrizioni e dell’aderenza alle terapie “c’è da lavorare” per garantire da un lato la migliore efficacia dei farmaci, dall’altro la loro sostenibilità economica”.

Spinta dall’aumento dei prezzi e dello spostamento delle prescrizioni su quelli più costosi cresce la spesa per i farmaci di fascia C pagati dai cittadini, che nel 2023 hanno speso 7,1 miliardi pari a un +9,8% rispetto al 2022. E’ quanto rende noto l’Aifa nel suo rapporto Osmed 2023. Il 54% della spesa (3,8 miliardi) è relativo a medicinali con obbligo di ricetta, il restante 46% a prodotti di automedicazione.

Le categorie di farmaci di classe C con ricetta maggiormente acquistati dai cittadini nel 2023 si confermano essere le benzodiazepine, i contraccettivi orali e i farmaci per la disfunzione erettile per i quali sono stati spesi 250 milioni di euro. Per i farmaci di fascia C con ricetta a determinare la crescita della spesa sono stati l’aumento dei prezzi del 6,8% e la prescrizione di medicinali più costosi (effetto mix +2,1%), mentre i consumi restano invariati.

Tra i farmaci di fascia A acquistati privatamente dai cittadini, l’amoxicillina in associazione all’acido clavulanico e il colecalciferolo risultano quelli a maggior spesa, con un incremento rispetto all’anno precedente, rispettivamente del 16,9% e 21,5%. Tra i farmaci da automedicazione la categoria più gettonata sono i derivati dell’acido propionico (Fans) con il 12,6% della spesa complessiva con un valore di 416,3 milioni di euro.

Cala invece la spesa sostenuta direttamente dalle Regioni per i farmaci di fascia C, che il “Decreto Balduzzi” del 2012 ha autorizzato ad acquistare direttamente dalle aziende in attesa della negoziazione del prezzo in Italia, la cosiddetta C-NN. Un segnale della accelerazione delle procedure autorizzative e da parte di Aifa. La spesa dei farmaci classificati in fascia C-NN è stata infatti di 47,5 milioni, in calo del 63,1% rispetto all’anno precedente.

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