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Professor Cacciari, è riesploso lo scontro tra politica e magistratura. Con toni che sembrano quelli di Berlusconi.
Quello di Meloni sulla giustizia è un riflesso condizionato tipicamente berlusconiano, che maschera una totale impotenza di strategia e decisione politica.
La premier si butta sulla giustizia per mascherare le mancanze del governo?
Questo elemento potrebbe esserci, d’altronde i problemi che l’esecutivo deve affrontare sono ancora tutti sul tavolo, dall’autonomia al presidenzialismo, dai rapporti con l’Ue alla guerra, per non parlare della paralisi economica. Lo scontro sulla giustizia, però, non mi sorprende.
Per quale motivo?
Perché ci portiamo dietro ancora la drammatica situazione del dopo Tangentopoli. Da una parte, una politica incapace di portare a termine una seria riforma della giustizia. Dall’altra, un uso strumentale delle inchieste da parte delle forze politiche a seconda se si è al governo o all’opposizione. O di chi si trova in quel momento nel mirino dei pm. Così si oscilla da una cultura ultragiustizialista o ultragarantista a seconda di cosa fa comodo. Ma cercare la via giudiziaria alla vittoria, e lo dico soprattutto alla sinistra, è sempre sbagliato.
I magistrati, però, si sentono di nuovo sotto attacco.
In questo gioco complesso, anche loro hanno responsabilità: ogni tentativo, giusto e sbagliato, di riforma si è sempre trovato davanti un arroccamento conservatore. Siamo sempre al “fermi tutti”: per le toghe, non si può mai toccare nulla, se non in modo conforme ai loro desideri. La magistratura è una funzione, non un potere. Tocca alla politica riformare la giustizia.
Il ministro Nordio lo sta facendo, tra mille polemiche.
Le sue novità entrano in questa gara di opposte tifoserie e lui non fa nulla per favorire un dialogo. Prendiamo le intercettazioni: vanno modificate, perché c’è un problema di privacy e dignità della persona, ma restano uno strumento importante. Abuso d’ufficio: una riforma era doverosa, ma senza cancellare il reato. Il problema è che nella nostra classe dirigente c’è un deficit di cultura politica e giuridica che fa spavento. Per questo Meloni sembra chiudersi in una sorta di fortino, che non le porterà nulla di buono.
I casi di questi giorni, da Delmastro a Santanchè, riguardano pure un problema di classe dirigente a destra?
Se Santanchè va a casa, per l’esecutivo non cambia nulla. Ai cittadini non interessano i destini di questi personaggi e, con tutti i problemi che si trovano ad affrontare, magari gli italiani sono anche stufi di assistere a questo perenne conflitto tra politici e magistrati.
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