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PER UN PO’ DI OMBRA CI VOGLIONO 500 EURO

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TAROCCHI GRATIS NEWSMattina presto, cioè per il fuso locale le dieci. Una ventina di manifestanti invadono la sabbia già rovente. Attraversano le nove file di tende deserte, arrivano al mare. «Più spiagge libere! Meno concessioni!». Sono quelli del Coordinamento nazionale per il mare libero, e manifestano ogni luglio in vari litorali italiani. È ovvio che per la Versilia scelgano sempre il Twiga: i bagni fondati da Flavio Briatore e Daniela Santanché pagano ogni anno 17 mila euro per la concessione, e la Twiga srl ne fattura 8,4 milioni, con un utile di 636 mila (bilancio 2022). Lo stesso Briatore ripete a ogni intervista: «Dovremmo pagare di più».

Al bar del Twiga Forte dei Marmi, a Marina di Pietrasanta, un litro ne costa cinque. Il primo è regalato, noblesse oblige, a chi prenota per cinquecento euro al giorno una «tenda araba»: una delle quarantacinque che compongono i bagni Twiga, dove non ci sono ombrelloni. Il sabato e la domenica è tutto pieno per tutta l’estate. Prendiamo possesso di una tenda in quinta fila, quattro metri per quattro: due lettini con teli e materassi Magniflex, un divano, una poltroncina, accesso «all’esclusiva piscina». Il mare ha bandiera rossa, cioè vietato nuotare; all’ombra della tenda araba fanno trentotto gradi; per un po’ di fresco cerchiamo l’«esclusiva piscina» dal fondale decorato a macchie di giraffa (Twiga in swahili vuol dire giraffa). È chiusa da qualche giorno. Protestiamo che il biglietto di ingresso al Twiga Beach Club costa lo stesso 500 euro.

Dalle 10, quando il Twiga apre, alle 19.30 quando lo staff del servizio serale ci caccia, stare qui ci costa un euro al minuto: come una vacanza in taxi. Eppure, giurano i nostri vicini di tenda, «ne vale la pena». Un ex calciatore della Juventus ha prenotato per tutta l’estate, da maggio a settembre. «Spendo 15», dichiara, cioè 15 mila euro: di più, ma non sideralmente di più, di una stagione ai più borghesi stabilimenti del resto del lungomare. Verso mezzogiorno una tenda su tre è occupata. La Presidenziale, così lo staff chiama con reverenza la pagoda di 40 metri quadri di fronte al mare, si riempie con trenta italoamericani in formazione Succession – nonni, figli, nipoti, fidanzati e fidanzate – e con un look da Soprano’s. Il prezzo «è su richiesta». Ma è «a disposizione della proprietà», precisa la manager dei bagni Teresa Iasiello. È qui che «la dottoressa», cioè Daniela Santanché, passa il sabato e la domenica fumando e giocando a carte. Anche oggi che, ministra, ha venduto le sue quote del Twiga. Le ha vendute però al compagno e a Flavio Briatore.

Un’inchiesta del quotidiano Domani dimostra che il suo debito con il fisco, 1,9 milioni, sarà pagato proprio con il fatturato del Twiga tramite una società. Qualcuno parla russo. Non c’è più “La Russa”, che qui non è un politico, ma una leggendaria moscovita che forse è sotto sanzioni, e ai tempi d’oro pagava al Twiga ogni sera «conti da 80mila euro». Pranzo al ristorante. Dal menu brillano il pescato del giorno a 130 euro al chilo; le ostriche a 8 euro l’una; le linguine all’astice (38); ordino, solo per scriverne, gli spaghetti Flavio (20), aglio e olio al dente con datterini. I gelati in carta sono Bindi, come in pizzeria. Vini, il meno caro è un Vermentino di Luni, 50 euro. Tiene banco – sono le 14.30, il dj pompa come alle due di notte – un tavolo di tutte donne, tutte bionde, atletiche; festeggiano il compleanno della capotavola, una tributarista di fama in caftano Pucci.

All’aperitivo compare lei: la padrona di casa. Daniela Santanchè, in raso smeraldo, al seguito un cagnetto e il compagno Dimitri Kunz che del Twiga presiede il cda. Mi avvicino per salutarla, perfetta ignota, e risponde con un sorriso. Scambiamo due chiacchiere, mi presento. Sono una giornalista. Indagata per falso in bilancio, assediata dai media da quando Report ha svelato in un’inchiesta i dissesti patrimoniali della sua società Visibilia, la ministra del Turismo per un istante sembra pensare: persino qui? Ma poi: cosa fa questa sera, mi chiede. E’ qui con noi? Non ho trovato posto. «Mi lasci il suo nome». Se vorrò, sono sua ospite.

Accetto volentieri l’invito ma pagherò il conto. Torno ore dopo, in piena «cena danzante»: i parcheggiatori sono in effetti avvertiti del mio cognome, e la mia 500 bianca entra senza imbarazzo in una fila di Ferrari e Bugatti. Sui tavoli gusci di ostriche, ciotole di ciliegie, decine di vuoti di Dom Perignon; i camerieri-animatori entrano a portarne altro vestiti da Ghostbusters, poi da pirati, la musica è quella di un qualsiasi Capodanno di over 40, gli Abba, Ymca, Love Generation, tormentoni degli ultimi decenni: e infatti proprio tutti stanno ballando. Studenti della Bocconi o della Cattolica con shampoo cioè champagne da mille o duemila euro; i loro genitori; coppie di sessantenni molto eleganti, uomini coi capelli grigi ravviati all’indietro, ragazze che si fotografano, l’ex parlamentare Italo Bocchino, Michelle Hunziker in tutina senape. Tutti sono qui per fare quello che si fa in un qualunque circolo, e certo ovunque a Forte dei Marmi, casa al mare dell’imprenditoria italiana: stringere relazioni utili.

Solo che i cancelli di molti altri circoli sono spesso blindati: qui la sensazione è che la selezione all’ingresso si basi su attributi più venali e attingibili dell’imperscrutabile, fumoso «prestigio». Tra i tavoli passa l’anfitriona Santanché in pantaloni di strass, tacchi 14, una parola cara per tutti. Mi avvicino e mi chiede se mi sto divertendo e non aspetta la risposta: «Questo», dice, «è un posto senza pari». Poi si gira: è arrivata la consueta pattuglia della polizia locale, con le uniformi, e c’è da accoglierli e offrir loro da bere.CONTINUA A LEGGERE SU TAROCCHI GRATIS

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