Dieci recensioni positive su Google a 127 euro, 100 a 997 euro, 10 recensioni su Facebook costano 79 euro, per portare a casa un migliaio di follower su Instagram ne bastano 15. Comprarerecensioni.it è solo uno dei tanti siti che si occupano di brokeraggio di finte recensioni. In vendita online c’è anche la possibilità di screditare i rivali, in calce il link per pagare e la partita iva, si può chiedere fattura. «L’acquisto di un contenuto diffamatorio non sarà accettato», incalza la homepage di fast-reviews.it. Per poi subito precisare che «possiamo aggiungere recensioni a 1 stella, ma questa sarà parte di una campagna che dovrà ricomprendere almeno il 90% di recensioni positive». Insomma anche gli attacchi all’avversario sono in vendita, l’importante è che siano ben nascosti. Il fenomeno della compravendita di recensioni online non è nuovissimo ma oggi, complice l’arrivo dell’IA generativa (che ha reso la manipolazione del web davvero alla portata di tutti) sta raggiungendo proporzioni allarmanti. Secondo il collettivo di tutela dei consumatori americani PIRG, il 40% dei feedback che leggiamo online è completamente inventato. Nel 2021 era il 4%, cioè dieci volte meno. L’impatto sulle grandi aziende per ora è contenuto. Discorso diverso per le piccole imprese, dove la web reputation si è trasformata in una tenaglia capace di stritolare le pmi. E poi a scuotere il paese arriva la drammatica vicenda di Giovanna Pedretti, la ristoratrice che si è tolta la vita dopo essere stata accusata di aver creato una falsa recensione sul proprio locale. «Non possiamo lasciare la vita e la morte delle nostre aziende nelle mani di sconosciuti», spiega al Messaggero il ministro del Turismo Daniela Santanché. «Credo che un governo serio debba essere pronto ad affrontare questo tema. Domani ne parlerò con i miei colleghi e con il Presidente del Consiglio. La soluzione ancora non la conosco, voglio fare prima un tavolo con le associazioni di categoria. È arrivato il momento di individuare lo strumento migliore per intervenire». C’è il faro dell’Antitrust e c’è il codice penale, che per questa fattispecie integra i reati di sostituzione di persona e di diffamazione. Ma resta il problema più grande, quello dell’individuazione dei soggetti responsabili. A seguire la scia della fibra per capire chi ha pubblicato cosa potrebbe non essere semplicissimo. Specialmente quando gli anonimi del web (o i loro broker) si appoggiano a vpn (reti private virtuali, più difficili da tracciare) o a provider residenti all’estero. Quale che sarà la cura adottata dal governo, bisognerà agire in fretta prima che l’e-commerce crolli sotto il peso degli impostori. Solo nel 2022, Google afferma di aver rimosso 115 milioni di recensioni fittizie, Tripadvisor 1,3 milioni, Trustpilot 2,7 milioni. E adesso che l’IA è entrata nelle nostre case, il problema è inevitabilmente destinato a peggiorare.