Quando ho letto di Bret e Todd (lo scrittore Bret Easton Ellis e il suo compagno Todd Michel Schultz, arrestato e sottoposto la scorsa settimana a quello che in Italia si chiama TSO o Trattamento Sanitario Obbligatorio per avere fatto irruzione nell’appartamento di una vicina di casa al culmine di una crisi psicotica e sotto effetto di stupefacenti), ho subito pensato alle storie e ai personaggi del primo, ma anche a Scott e Zelda Fitzgerald. Tante, forse troppe le similitudini che la vita ha riservato ai due scrittori e ai rispettivi partner. Come Scott, Bret ha saputo più e meglio di chiunque altro raccontare una generazione. Il primo, quella dei ruggenti anni Venti, in romanzi i cui protagonisti si ubriacavano di champagne in feste date anche per dimenticare a suon di jazz gli orrori e il sangue della Grande Guerra. Il secondo, quella dei rampanti anni Ottanta, in romanzi i cui protagonisti non si limitavano a ubriacarsi ma assumevano ogni possibile stupefacente in feste date per dimenticare, con in sottofondo i video di MTV, non tanto gli orrori e il sangue della guerra del Vietnam ma innanzitutto se stessi, e il vuoto che si celava sotto la superficie di esistenze privilegiate ma allo stesso tempo fragilissime. Come Scott, Bret in giovane età ha conosciuto grazie ai suoi libri una fortuna e una popolarità straordinarie. Entrambi, all’indomani di quel successo che non a caso il nostro Ennio Flaiano definiva come il participio passato di succedere, a un certo punto delle rispettive carriere letterarie hanno tentato la strada di Hollywood, ed entrambi hanno scoperto di non essere fatti per gli schemi assai rigidi della Mecca del Cinema. Ma se Scott per un paio di decenni ebbe al suo fianco Zelda, al fianco di Bret da quattordici anni a questa parte c’è stato Todd. E così come Zelda finì in una clinica psichiatrica a causa di una serie di esaurimenti nervosi aggravati dalle abitudini alcoliche, oggi Todd si ritrova nel reparto psichiatrico di una casa di correzione per via delle conseguenze dell’uso prolungato di stupefacenti. Zelda sognava di fare la scrittrice e la pittrice e la ballerina. Todd il musicista pop. Ed entrambi per anni hanno combattuto una battaglia contro le rispettive frustrazioni e dipendenze: dall’alcol nel caso di lei, dalle sostanze nel caso di lui. Finita per sempre l’epoca d’oro del matrimonio con Zelda, Scott scrisse Tenera è la notte, romanzo ispirato alla crisi tra i due, riconoscibili in filigrana nei protagonisti Dick Diver e Nicole Warren. Quanto a Bret, da sempre nei suoi libri mette in scena personaggi che molto hanno in comune con Todd. Non perché Todd ne sia l’ispirazione ma perché Todd è figlio del mondo che Bret ci ha raccontato. Un mondo nel quale in ogni famiglia ci sono persone che hanno problemi di droga e/o di salute mentale, affette da schizofrenia o depressione, e alle prese con crisi di panico, ansia, paranoia. Colpisce in tutto questo l’incredibile sovrapposizione tra vita e letteratura: l’episodio che ha portato Todd sulle pagine di cronaca dei giornali al di là e al di qua dell’Atlantico sembra uscito dalle pagine di American Psycho, di Glamorama o del recentissimo Le schegge. A parte il serial-killer, gli ingredienti ci sono tutti. E la linea d’ombra che separa realtà e finzione si fa così ancora più sfumata. «Quanto c’è di tuo nei libri che scrivi?» è la domanda che si sente porre ogni scrittore, e che nel caso di chi l’ha rivolta in tutti questi anni a Ellis – complici naturalmente le sue pagine piene di sesso e violenza e droghe e ansiolitici vari – ha sempre avuto un che di morboso. Nel frattempo però la sensibilità è cambiata, e per fortuna nessuno ha ritenuto di rinfacciare allo scrittore il fatto di avere contribuito con le sue opere al presunto glamour di cui sopra. Su Instagram, Ellis ha scritto un lungo messaggio rivolto ai suoi lettori, in cui ha voluto chiarire alcuni aspetti della vicenda, ammettendo di non essersi reso conto appieno della gravità del malessere del partner fino a quando nel 2022 non lo aveva costretto a entrare “in rehab”. Ma come sempre accade in questi casi, «le cure funzionano solo se è chi ha bisogno di cure a volersi curare». Già. «Ciò che è accaduto al mio partner affligge molte persone.È complicato vivere con una persona affetta da un disturbo mentale». Non sappiamo se avrebbe scritto le stesse cose negli anni Novanta, quando le reazioni rispetto a una vicenda come questa sarebbero state senza dubbio diversa. Oggi che una persona tanto vicina a lui si trova a vivere (e a fargli vivere) una situazione che sarebbe suonata perfetta se raccontata in uno dei suoi libri, Ellis scrive: «È una linea di demarcazione sottile quella che separa l’amare qualcuno dal permettergli di fare ciò che vuole – non te ne rendi davvero conto finché non ti colpisce come un pugno in faccia». E infine: «Sono stato cieco… perché vuoi credere che tutto vada bene ed evitare la sofferenza e lo stress e la pena derivanti dal capire fino in fondo la situazione – quella terribile chiarezza che non vuoi affrontare». «Siete una generazione perduta», disse Gertrude Stein a metà degli anni Venti del Novecento, riferendosi a quella di Fitzgerald. E lo stesso direbbe se potesse esprimersi su quella di Ellis. La cui grandezza come scrittore sta certo, tra le altre cose, nel suo saper giocare come nessun altro con l’ambiguità – che cosa c’è di vero e che cosa c’è di falso nelle sue storie? – ma soprattutto nella ferma determinazione a non giudicare i suoi personaggi: cosa che in realtà dovrebbe essere regola aurea per ogni scrittore. Sta di fatto che, alla pari di quanto accadde più o meno un secolo fa a Scott e Zelda, anche Bret e Todd in questo momento stanno vivendo giorni difficili e assai dolorosi. Per questo anziché giudicarli verrebbe da abbracciarli: tutti e quattro, se solo potessimo.