La fame nel mondo resta a livelli allarmanti: sono quasi 282 milioni le persone che affrontano insicurezza alimentare “acuta grave” in 59 Paesi, 24 milioni in più dal 2022. Una piaga che coinvolge ancora il 21,5% della popolazione analizzata e supera i livelli pre-Covid. È quanto emerge nel Rapporto globale sulle Crisi Alimentari 2024 del Food Security Information Network e pubblicato dalla Rete Globale contro le Crisi Alimentari (Gnafc). Si tratta del quinto anno consecutivo di crescita del numero di persone che affrontano alti livelli di insicurezza alimentare acuta. Lontano l’obiettivo fame zero entro il 2030.
Nel 2023, i conflitti sono stati la causa principale in 20 Paesi/territori, con 135 milioni di persone che affrontano livelli alti di grave insicurezza alimentare, si tratta del fattore principale nella maggior parte delle dieci maggiori crisi alimentari (per numero o percentuale). Nei Paesi con dati comparabili tra il 2022 e il 2023, secondo il Rapporto, l’insicurezza alimentare acuta è peggiorata in 12 di essi, coinvolgendo 13,5 milioni di persone in più, di queste due terzi si trovavano in Sudan.
Nulla di buono si prospetta per il 2024; a gettare un’ombra sono l’intensificazione dei conflitti e dell’insicurezza, l’impatto di eventi meteorologici estremi principalmente causati da El Niño e gli shock economici, come l’inflazione a spirale e la volatilità dei prezzi dei prodotti alimentari. Quanto alle altre cause della fame nel 2023, gli shock economici hanno impatti su 21 Paesi con oltre 75 milioni di persone.
Nonostante il calo dei prezzi internazionali dei prodotti alimentari, l’inflazione persistente nei Paesi colpiti da crisi alimentari ha eroso il potere d’acquisto delle famiglie più povere. L’elevato debito pubblico ha continuato a limitare le possibilità dei governi di attenuare gli effetti dei prezzi elevati. Gli eventi meteorologici estremi sono stati, infine, la causa principale in 18 Paesi, con 72 milioni di persone.