Da un lato un’organizzazione multimiliardaria che fa gravitare intorno all’Hajj, il pellegrinaggio alla Mecca, un vero e proprio sistema di business da 15 miliardi di dollari, dall’altro agenzie che offrono viaggi a prezzi ben più bassi di quelli ufficiali. In mezzo, più di mille pellegrini morti di caldo, partiti per celebrare la festa del sacrificio e onorare uno dei cinque pilastri dell’Islam e diventati vittime sacrificali del cambiamento climatico ma soprattutto dell’avidità degli uomini.
Ieri dopo giorni di tensioni – il primo ministro egiziano Mostafa Madbouly ha ordinato il ritiro delle licenze a 16 agenzie di viaggio e ha deferito i loro dirigenti alla procura per aver facilitato illegalmente il viaggio dei pellegrini alla Mecca chiedendo che siano obbligate a pagare un risarcimento alle famiglie. Secondo i diplomatici, gli egiziani morti sono 658, 630 dei quali pellegrini non registrati.
I permessi per l’Hajj vengono assegnati ai Paesi con un sistema di quote e distribuiti tramite una lotteria. Ma anche con il lasciapassare ufficiale, un «pacchetto Hajj» dall’Egitto costa tra i 5.000 e i 9.000 dollari, prezzo fuori dalla portata della maggior parte degli egiziani.
L’Arabia Saudita ha fissato una quota di 72 mila visti Hajj dall’Egitto per il 2023, ma solo in 32 mila hanno avuto il permesso. Questo divario evidenzia le difficoltà che gli egiziani devono affrontare. Inoltre il percorso irregolare, che può far risparmiare migliaia di dollari ai pellegrini, è diventato sempre più popolare dal 2019, quando, dopo il Covid, l’Arabia Saudita ha introdotto un visto turistico che ha reso più facile l’ingresso nel regno del Golfo.
Uno dei momenti più critici è stato sabato scorso, quando i pellegrini si sono riuniti per ore di preghiera sotto il sole cocente sul monte Arafat, e domenica, quando hanno partecipato alla «lapidazione del diavolo», rituale a Mina.
La questione ovviamente non riguarda solo l’Egitto. Venerdì la Giordania ha dichiarato di aver arrestato diversi agenti di viaggio anche loro accusati di aver facilitato il viaggio alla mecca. Nel frattempo, il presidente tunisino Kais Saied ha licenziato il ministro degli Affari religiosi dopo che i media locali hanno riferito della morte di 49 tunisini, molti dei quali erano pellegrini non registrati.
Chi entra con il visto turistico e non con il permesso per il pellegrinaggio non può però accedere a tutta una serie di servizi di ristoro: tende refrigerate, assistenza medica e logistica. Spesso anziani e privi di mezzi, dopo aver racimolato i loro risparmi per assolvere ad un dovere religioso, i pellegrini si sono trovati di fatto in una trappola rovente, con temperature che quest’anno hanno superato i 50 gradi. Inoltre, alcuni partono proprio verso la fine della loro vita sperando di essere seppelliti alla Mecca, dato che spiega i numeri così alti di decessi.