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L’ex studente di Filosofia italiano che, citando McLuhan e Debord, spiegava ai francesi la tivù del futuro, il ragazzo dal ciuffo ribelle che “Sua Emittenza”, Silvio Berlusconi, aveva scelto per dirigere le operazioni della sua avventura catodica parigina, l’uragano di idee e campione dell’audience che passava le notti a confrontare dati e cifre perché l’arte televisiva è anzitutto una scienza, “l’alchimista di La Cinq”, come lo definì il Monde, che col suo look da antieroe accettava tutte le sfide, meglio se impossibili, come quella di far digerire al mondo intellettuale di Saint-Germain-des-Prés la televisione commerciale.
E’ stato tutto questo Carlo Freccero, dirigente e autore televisivo visionario e massmediologo, che dal 1986 al 1990 ha diretto il palinsesto di La Cinq, la prima emittente privata in chiaro francese, il sogno parigino di Berlusconi. “Il regalo che mi ha fatto Berlusconi mandandomi oltralpe a dirigere il palinsesto di La Cinq mi ha permesso in seguito di lavorare nella tivù pubblica francese, e, sulla base di quella esperienza, di tornare in Italia e arrivare alla direzione di Rai 2”, dice al Foglio Carlo Freccero. Berlusconi era un “visionario utopista”, il “simbolo di una certa grandeur italiana”, l’apoteosi degli anni Ottanta, con tutti i suoi eccessi e il suo vitalismo.
“Ce lo siamo dimenticati, ma Berlusconi ha esportato la tv commerciale in tutta Europa, anticipando i tempi e capendone le potenzialità prima di tutti. Fu una lezione incredibile”, sottolinea al Foglio. La prima idea di “televisione europea” che il figlio, Piersilvio, sta portando avanti. L’esordio di La Cinq, nel febbraio del 1986, non fu affatto semplice: per l’ostilità di un certo mondo intellettuale e politico che vedeva la tv commerciale come il male assoluto. Tra i nemici di Berlusconì spiccava Jack Lang, allora ministro della Cultura, che aveva addirittura minacciato di dimettersi dal governo dicendo al presidente della Repubblica, François Mitterrand, che La Cinq era una minaccia per l’“exception culturelle” francese.
“Lang non aveva capito nulla, faceva parte di quella sinistra caviar e politicamente corretta che odiava Berlusconi, lo combatteva e non capiva la portata rivoluzionaria della sua tv. Mitterrand, invece, era una persona illuminata, era ‘le florentin’ che nel suo cinismo e machiavellismo aveva compreso che un’epoca stava finendo, che il mondo stava cambiando, e bisognava adattarsi, aprendo nuovi spazi di libertà. Certo, fu Craxi a convincere Mitterrand ad assegnare una frequenza del panorama catodico francese all’‘italien’, ma l’ex presidente socialista aveva una vera simpatia nei confronti di Berlusconi, perché capiva che era un uomo dirompente ed era sempre stato affascinato, oltre che dagli intellettuali, dagli uomini del fare”.
“Abbiamo messo le telecamere dentro a una discoteca, Les Bains Douches, che negli anni Ottanta era al massimo del suo splendore. E lì, intervistati da Thierry Ardisson, che diventerà in seguito uno dei più grandi animatori televisivi di Francia, si esprimevano liberamente figure come Alberto Moravia, Wim Wenders, Jane Birkin e Karl Lagerfeld”, racconta al Foglio Freccero, prima di concludere: “Di fronte a questo mondo inumano, gli anni di Berlusconi appaiono oggi come una nuvola vintage. La morte di Berlinguer ha segnato la fine dell’ideologia, la morte di Agnelli la fine del fordismo, la morte di Berlusconi la fine degli anni Ottanta”.
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