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Da fuoco alle mutande

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Quando si dice che la cosa finisce nel penale: per sfuggire alle richieste pesanti adesso una donna rischia pene. Scenario: […]

Quando si dice che la cosa finisce nel penale: per sfuggire alle richieste pesanti adesso una donna rischia pene. Scenario: Pesaro, due giorni fa. Una coppia si intrattiene nello scantinato di una palazzina a tre piani. Saranno le feste, sarà lo scantinato con quell’atmosfera, come si dice adesso, “kinky”, fatto sta che gli animi si surriscaldano (probabilmente lo scantinato era anche attiguo al locale caldaia).

E togliti ‘a cammisetta, a cammisetta gnornò gnornò, una cosa tira l’altra, all’uomo viene un’idea un po’ estrema che le cronache e i verbali di polizia non ci riportano per pudore e buona creanza (anche se noi adesso siamo curiosi). Il “gnornò” della donna stavolta è definitivo. Ma lui insiste. La donna persiste nel suo rifiuto. L’uomo insiste ancora. La donna si offende. Inizia la lite.

Volano gli insulti. Al che, la donna, in preda alla furia iraconda della risolutezza onorabile cosa fa? Prende le proprie mutandine e gli dà a fuoco. Risultato: sei famiglie evacuate. Perché il fuoco (della passione non corrisposta) si è propagato, indifferente al… alle pene, al divano. Sì, c’era un divano nello scantinato. Ai bei tempi antichi gli scantinati con il divano si chiamavano “scannatoi”, ma oggi siamo personcine woke e “scannatoio” non lo diciamo più perché evoca un maschilismo tossico e patriarcale e poi Chiara Valerio chi la sente.

Dal divano il fuoco (penale) è passato “alle altre cose presenti nel locale”, immaginiamo cose di plastica, facilmente infiammabili, o il peluche infiammabile delle manette, insomma cose così. Scrive Il Resto del Carlino (al quale tributiamo una standing ovation e una hola con gli accendini accesi in una mano e un paio di slip nell’altra): “La polizia, intervenuta sul posto con due volanti, insieme a tre mezzi dei vigili del fuoco e il nucleo biologico chimico e radiologico, l’ambulanza del 118 e l’unità cinofila della guardia di finanza”.

Minchia! (Scusatemi ma quando ci vuole ci vuole). E insomma le forze dell’ordine fanno le indagini e si scopre l’origine dell’incendio. Domanda fondamentale: cosa avranno annusato le unità cinofile? Dove avranno poggiato le loro nari sospettose? Per quanto riguarda il nucleo chimico probabilmente avranno fatto le analisi alle urine, mentre che c’erano. Il nucleo radiologico invece, immaginiamo, con gli occhiali a raggi X che vendevano una volta per corrispondenza, avranno individuato la colpevole scoprendo che era l’unica senza le mutandine.

Adesso, la donna, ovviamente, come si dice, rischia pene pesanti. Una beffa del destino: rischiare pene per difendere la propria onorabilità. Immaginiamo che la donna abbia cercato di spiegare l’incendio dal proprio punto di vista. E immaginiamo che le forze dell’ordine abbiano fatto “no, no, non ci siamo” con la testa e abbiano ribadito: “E ci dispiace signora, ma adesso lei rischia pene”. Le sei famiglie evacuate annuivano: “Non c’è dubbio. Rischia pene”.

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