I libertini ricevono sempre calorosi applausi. Le donne che amano il sesso, invece, vengono immediatamente etichettate come sgualdrine, puttane e ninfomani, e quindi devono essere represse, controllate o altrimenti private di un’esistenza libera e indipendente.
Fu sempre così. Joan Smith, in ”She Was a Nymphomaniac”, questo potente e rabbioso esame delle vite e dei destini delle donne romane, nel periodo dal 27 a.C. al 68 d.C., cita un antico filosofo che disse: “Una donna single sessualmente attiva non era diversa da una prostituta”.
E una donna sposata, sostiene Smith, non era molto meglio di una schiava. ‘’She Was A Nymphomaniac’’ ci racconta che qualsiasi donna intelligente che osasse guardare un uomo negli occhi e parlare senza esitazione veniva bollata come “ostinata, ambiziosa e sessualmente incontinente” – contaminata, forse, “da ogni tipo di vizio”.
Giulia, figlia del generale romano Agrippa, era “famosa per la sfrontatezza del suo stile di vita e il suo gusto per i nani”, o almeno così dicevano i resoconti. Sembra una Biancaneve impertinente.
Una donna che si ribellava all’autorità maschile “meritava tutto quello che le accadeva” e il libro di Smith è un terrificante catalogo di false accuse di infedeltà, arresti, esilio, fame, suicidio forzato, brutali percosse, accoltellamenti e confessioni di complotti inesistenti sotto tortura.
Smith ha esaminato le fonti originali: Tacito, Giovenale, Svetonio, Cicerone e Seneca. Ha ritradotto il latino e ha individuato le ovvie invenzioni e gli abbellimenti denigratori del sesso. Vale a dire, storie fantastiche di un’imperatrice che “scendeva nel foro di notte e faceva sesso con ogni barista e gladiatore”.
È anche poco plausibile che un’altra imperatrice abbia esaurito 25 partner in una sola notte. Chiedetelo a qualsiasi donna, dice Smith, “sembrerà inorridita, immaginando i lividi, le abrasioni…”
Smith trova un sacco di invenzioni pornografiche, come riferimenti a figlie e madri di alto lignaggio, schernite perché possedevano un “desiderio sessuale eccessivo” e quindi dovevano aver lavorato nei bordelli.
Livia, moglie di Augusto, era una strega malvagia e un’avvelenatrice a sangue freddo per giunta. Messalina, terza moglie dell’imperatore Claudio, fu trasformata da cronisti troppo fantasiosi in “uno spettro sessuale”.
Tutte queste falsificazioni hanno trovato posto in ‘’Io, Claudio’’, che ha fatto guadagnare successo e denaro a Robert Graves, quando il romanzo fu pubblicato nel 1934.
Smith sottolinea che se il Claudio storico non era affatto un “ghiottone ossessionato dal sesso che spesso si ubriacava fino a perdere i sensi”, allora la rappresentazione dei personaggi femminili nel libro di Graves erano ugualmente lontane dal vero.
Perché non erano manipolatrici erotiche, ma vittime, sottoposte a matrimoni infantili e stupri seriali.
“Alle ragazze veniva insegnato a soddisfare gli appetiti degli uomini più grandi fin da un’età crudelmente precoce” – 12 o 13 anni. Spesso erano madri a 15 o 16 anni. Livilla, la sorella di Claudio, ad esempio, si sposò a 12 anni, rimase vedova a 16 e fu costretta a risposarsi pochi mesi dopo.
Ciò che mi ha colpito di questo libro inquietante e vigorosamente argomentato è che non c’è mai alcun segno di amore o affetto. Nessuno si comporta come Antonio di Richard Burton o Cleopatra di Elizabeth Taylor, guidati dalla passione.
I matrimoni sono organizzati per convenienza politica, legami tribali, alleanze tra fazioni e famiglie. Il consenso delle donne non è mai stato preso in considerazione.
Secondo il racconto di Smith, il mondo antico era completamente caratterizzato dalla “violenza contro le donne”, e nessun cronista contemporaneo, storico o commentatore successivo ha considerato il costo personale di ciò che deve essere stato essere continuamente degradati, costretti a relazioni sessuali premature.
Come nel sontuoso film vietato ai minori degli anni ’70 ‘’Caligola’’ di Tinto Brass, con Malcolm McDowell, Peter O’Toole e Helen Mirren, gli imperatori sono mostri paranoici, vivono nella “paura di un colpo di stato o di un assassinio” e sono rapidi nell’uccidere parenti, mogli, figli, nipoti: chiunque possa rappresentare una minaccia.
Caligola violentava le sue sorelle e, se gli piaceva la moglie di un senatore, la portava subito in camera da letto, faceva quello che voleva e costringeva la coppia al divorzio.
Augusto e Tiberio erano altrettanto cattivi. Tiberio a Capri viveva una vita di “sesso, voyeurismo e bevute pesanti”. Sussurrava a un amico: “Questo bel collo verrà reciso non appena darò l’ordine”.
Ottaviano, di cattivo umore, cavava gli occhi e rompeva le gambe alla sua segretaria.
Nemmeno i neonati erano risparmiati. La figlia di 18 mesi della quarta moglie di Caligola, Cesonia, ebbe il cervello sbattuto contro un muro e poi fatta a pezzi.
L’imperatore Nerone, “un serial killer sessualmente perverso”, fu implicato nell’omicidio di cinque donne: sua zia, due mogli, una cognata e sua madre; egli piazzò una trappola esplosiva sulla sua barca e ne fissò il soffitto in modo che cadesse.
Smith fa spesso parallelismi con i giorni nostri: se gli abusi domestici persistono, è perché la natura umana non cambia o non migliora.
Le donne imperiali di Roma, ad esempio, potrebbero essersi reincarnate nella principessa Diana, quando era “soggetta a infinite speculazioni e all’antica supposizione che una donna single e attraente dovesse fare sesso con qualcuno”.
È agghiacciante vedere come icone di Hollywood, miliardari dediti al traffico sessuale e politici sfacciati, con i loro enormi ego, stiano riportando in auge la decadenza dell’antica Roma.
L’unico problema di ‘’Sfortunatamente, Lei Era Una Ninfomane’’ è il titolo, che è stato senza dubbio imposto da un editore eccitabile, nella speranza di conquistare il mercato. Il tema in realtà è molto più cupo: l’omicidio di donne “perché sono donne”.