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Donnarumma grande campione

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Notti tragiche e notti magiche. È una questione di riflessi. Tutti i portieri lo sanno. E meglio di tutti lo […]

Notti tragiche e notti magiche. È una questione di riflessi. Tutti i portieri lo sanno. E meglio di tutti lo sa Gigio Donnarumma, numero uno del Paris Saint-Germain, reduce da entrambe le versioni nel giro di una settimana.

Partiamo dalla gioia. Nel ritorno degli ottavi di finale contro il Liverpool, ad Anfield, Donnarumma fa il fenomeno. Incanta, vola, para. Tutto in centoventi minuti. Compresi i calci di rigore (respinti quelli di Nunez e Jones) che gli valgono l’accesso ai quarti di finale di Champions League.

Bravò, gli dicono adesso i francesi. L’Équipe gli ha dato 9 in pagella e l’onore della prima pagina, con tanto di foto-poster sopra il titolo: «Supereroe».

Ha fatto eco Le Parisien: «Gigio, che eroe». Strano. Sette giorni prima l’avevano massacrato. Gli inglesi erano andati a conquistare Parigi. Gli era bastato un tiro, quello di Elliott a tre minuti dalla fine. E Donnarumma: non pervenuto. Apriti cielo. Per l’Équipe era stata una prestazione da 4. E per le Parisien non c’erano stati né santi né mezze misure.

«Trovare un nuovo portiere», un ordine più che un titolo. Lo sport è fatto di eccessi, la felicità non sta mai nel mezzo. E a forza di abbozzare e ingoiare amaro, è finita che questa volta pure Donnarumma ha voluto dire la sua: «Ricevo molte critiche da giornalisti che ignorano il ruolo del portiere: all’andata abbiamo subito un tiro e un gol. Sembrava colpa mia. Ma ricordo sempre a me stesso che devo lavorare al massimo per il bene della squadra. E che devo sorridere».

Cheese. Questa è la foto di un portiere felice. A guardarlo magari non sembra. Perché a 26 anni Donnarumma si porta addosso i segni di una carriera dilatata, extra, ingombrante. Una volta gli hanno chiesto quale fosse il ricordo più bello del suo percorso nel calcio.

«Stare sul campo e giocare dalle prime ore del mattino fino al tramonto finendo per essere esausto», aveva detto. «Vorrei che i bambini di oggi fossero più così e giocassero ogni giorno con i loro amici per strada. Mi manca».

(…)

Dipende. Come un eroe balzachiano, Gigio aveva guardato lo skyline, con la Tour Eiffel, la Senna, quei tetti di ardesia pieni abbaini che si stagliavano nel suo destino: a noi due, adesso. Tant’è che una delle prime cose che si era sentito di dire dei suoi primi mesi nella grandeur era stata: «Sono un motivatore, cerco di motivare il gruppo. Tutti siamo dei leader. L’importante è essere squadra, aiutarci uno con l’altro». Nello spogliatoio c’erano Messi, Mbappé, Neymar. E una lista lunga così di altri campioni. Non sarebbe nemmeno il caso di aggiungere altro. Se non che oggi il Psg lo accusano di essere rimasto senza stelle. E allora guarda caso l’ultimo leader è proprio lui, Donnarumma.

Gli hanno rimproverato di aver lasciato l’Italia, il calcio nostrano, la Serie A (ma come, ancora con la storia del campionato più bello del mondo?). Gli hanno rimproverato di essere andato in cerca di gloria da un’altra parte. Come se fosse una colpa sentire il bisogno di un’avventura, di crescere, di voltare pagina. E lui, come tutti quelli che fanno il suo lavoro, più che di avventure ha sempre avuto bisogno di fortuna e gloria. «Voglio fare la storia al PSG». Non si è mai nascosto.

Eppure in Francia non gli hanno perdonato nulla. Timido nelle uscite, impreciso sulle palle alte, riflessi non all’altezza. Tante panchine, una rivalità con Keylor Navas (il portiere costaricano andato via in estate). Alti e bassi come in tutte le storie. Quelle dei portieri fanno sempre più rumore. È sempre l’ultimo che si prende il peso dell’errore.

Nel 2022, ancora agli ottavi di Champions League, questa volta contro il Real Madrid di Benzema, Donnarumma sbagliò un rinvio e diede il via alla remuntada spagnola. Alla fine i Blancos passarono il turno. Gigio fu messo in croce. L’Équipe gli diede addirittura 2. No, con lui non sono di manica larga. «È stato il becchino del Psg». E a distanza di quasi tre anni ancora gli rinfacciano quell’erroraccio. Un duro colpo, ha assicurato lui, «ma ne sono uscito più forte».

I rigori, chissà perché, gli hanno sempre teso una mano. A Euro 2021 proprio grazie alle sue parate l’Italia mandò a casa la Spagna. E contro l’Inghilterra, a casa loro, i penalty regalarono la vittoria agli azzurri di Mancini. «Li prepariamo prima, ma poi c’è anche l’istinto», provò a spiegare lui. Flagello del calcio inglese, hanno scritto i giornali britannici. Ma lui non fa differenze.

La scorsa estate, sempre all’Europeo, tenne in vita gli azzurri parando un rigore a Modric contro la Croazia. E adesso Anfield. Prima dei rigori Donnarumma era scappato negli spogliatoi: doveva fare pipì, ma in tivù ha detto che voleva ripassare i rigori col suo preparatore. Tutti i supereroi hanno i loro trucchi.

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