QUANTE IPOCRISIE SU GIANNI AGNELLI – NELL’ANNIVERSARIO DELLA MORTE, GIGI MONCALVO TOGLIE LA MASCHERA AI MEDIA ITALIANI INCAPACI DI RACCONTARE LE OMBRE DELL’AVVOCATO: “È STATO IL PROTAGONISTA INDISCUSSO DELLA PIÙ GRANDE EVASIONE FISCALE MAI REGISTRATA IN ITALIA. PER ANNI HA INTASCATO CIFRE IMMENSE DI DENARO PUBBLICO SOTTO VARIE FORME E PORTAVA TUTTO QUESTO DENARO ALL’ESTERO SENZA NEMMENO PAGARE, ALMENO IN MINIMA PARTE, LE TASSE E SENZA REINVESTIRLO NEL NOSTRO PAESE CREANDO OCCUPAZIONE. GLI ITALIANI HANNO PAGATO I DEBITI, MENTRE AGNELLI SI È IMBERTATO I PROFITTI”
Estratto dell’articolo di Gigi Moncalvo per “la Verità”
In questi vent’anni Gianni Agnelli avrebbe avuto mille buone ragioni per rivoltarsi nella tomba per quello che molti dei suoi discendenti hanno combinato. […] In questo anniversario della morte di Gianni Agnelli i suoi rivoltamenti nella tomba sono resi ancor più difficili dalla immensa colata di saliva che sta avvolgendo l’augusto sepolcro esondando da giornali e tv per la maggior parte disinteressati all’informazione e alla verità, ma preoccupati solo di non infastidire il nipote John Elkann […]
Oltre a non volersi inimicare il «nuovo padrone», coloro che hanno contribuito per anni a creare «il mito» […] come possono oggi fare autocritica ammettendo di avere in gran parte sbagliato […]? […] l’Avvocato […] è stato anche il primatista e il protagonista indiscusso della più grande evasione fiscale che si sia mai registrata in Italia. […] per anni ha intascato cifre immense di denaro pubblico sotto varie forme (leggi ad hoc, privilegi e contribuzioni a fondo perduto, detassazioni, incentivi, agevolazioni, politiche industriali di favore, l’Alfa Romeo in regalo da Prodi, gli ostacoli alla concorrenza italiana e straniera, sfruttamento dell’indotto, e quant’altro), mentre dall’altra parte portava tutto questo denaro all’estero senza nemmeno pagare, almeno in minima parte, le tasse e senza reinvestirlo nel nostro Paese creando occupazione. In sintesi: gli italiani hanno pagato i debiti, mentre Agnelli si è imbertato i profitti. […]
Questa «punizione» […] è stata messa in atto nientemeno che dalla figlia dell’Avvocato, Margherita, che ha voluto ribellarsi […] a una delle regole più crudeli della famiglia: «A comandare deve essere uno solo alla volta. E non deve mai trattarsi di una donna. Esse non devono avere alcun potere, le loro quote vanno liquidate in denaro».
Gianni non avrebbe mai potuto immaginare che proprio sua figlia, considerata – dal punto di vista delle conoscenze finanziarie – alla stregua di «una povera casalinga svizzera», avrebbe impugnato il piccone per distruggere metaforicamente la sua figura e offuscare il suo ricordo. E, da quel momento, sono emersi gli scheletri dall’armadio. […] […]
Il defunto aveva una grande ed eccelsa qualità a livello mondiale: il potere di condizionamento che la sua sola figura determinava in ogni campo, dalla finanza alla politica, dallo sport alla comunicazione. Il solo venire meno della sua presenza ha determinato pesanti sconquassi. Per di più aggravati e moltiplicati dall’insipienza, dalla presunzione, dalla certezza di impunità che i discendenti credevano di avere […] se Gianni fosse rimasto in vita i Moratti o i Carraro quando mai avrebbero avuto il coraggio di far scoppiare «Calciopoli»?
D’accordo, poi fu John, con Grande Stevens, a mandare la Juventus in serie B ma chi avrebbe osato toccarla prima della morte di Gianni e Umberto?
FERRARI E FIAT
In questi vent’anni l’Avvocato […] avrebbe preferito davvero chiudere gli occhi. La Ferrari che non vince più. La Fiat che non esiste più. L’Accomandita Giovanni Agnelli che non c’è più e ha sede ad Amsterdam. Torino che è stata cancellata. Le auto vendute prima agli americani e poi ai francesi (nonostante i suoi desideri contrari e nonostante gli ordini tassativi del nonno Giovanni senior, il Senatore). Lo stabilimento di Mirafiori non più glorioso ma inoperoso e polveroso che riapre per poco e solo per produrre mascherine fallate ordinate dal governo Conte.
Il Corriere della Sera venduto (con Urbano Cairo padrone del vapore). La Stampa venduta da John addirittura al nemico numero uno, cioè Carlo De Benedetti (e poi ricomprata). La glorificazione di Sergio Marchionne. Il «tradimento» di Gabetti, che lo ha ignorato nel suo libro autobiografico NeverGive In, e si è pubblicamente lamentato: «Ho dato tutto per lui e gli ho fatto guadagnare miliardi. Pensava di sdebitarsi regalandomi un Turner ogni Natale… Li ho buttati tutti in un angolo. Nella mia collezione c’è ben altro…».
[…] E poi, quanti dolori e ingratitudini a causa della famiglia. John che consente agli americani della Hbo di fare un docufilm di due ore da cui emerge la figura di un nonno dedito soprattutto alla coca e alle belle donne.
Mentre invece Gianni deve essersi divertito quando Ginevra Elkann, nel suo film Magari ha fatto interpretare nientemeno che da Riccardo Scamarcio il ruolo di Alain Elkann («Gli ebrei sono tutti intelligenti. Non capisco come abbia fatto mia figlia a sposare l’unico c…», raccontava Giuliano Soria al Premio Grinzane Cavour attribuendo la frase all’Avvocato).
Qualche risata è arrivata lassù leggendo come sono stati scoperti i figli segreti di Carlo Caracciolo, come Jacaranda Falck si stia pappando tutto e come L’Espresso sia finito. Mentre Montezemolo continua a non fare nulla per smentire la barzelletta di essere figlio di Gianni. Uno dei pochi che si è comportato bene è Lupo Rattazzi, il figlio di Suni. […]
E poi Lupo ha sempre detto la cosa più importante: Edoardo non fu affatto «estromesso» dalla Dicembre. Un giorno chiamò Lupo al telefono e gli disse «Mi sono rifiutato di firmare l’atto di donazione della mia quota di Dicembre perché non ci vedo chiaro». Lupo gli rispose : «Sei pazzo, hai fatto malissimo». Andò proprio così, nessuna «estromissione».
Lupo ha detto recentemente un’altra verità: «Se la Fiat fosse fallita oppure, rectius, fosse passata di mano a due lire, Margherita non avrebbe intentato alcuna causa e ci avrebbe guardato compiaciuta dal suo lago soddisfatta di essersi salvata dall’ultimo caso di disastro di famiglia imprenditoriale arrivata a fine corsa per manifesta incapacità. Mi confessò che era certa che Fiat avrebbe fatto la fine della Parmalat. Poi arrivò il Messia e grazie a lui Margherita scopre qualche anno dopo che, avendo venduto il suo 37,5% della Dicembre a 105 milioni nel 2003 (che era quello che valeva, si badi bene), aveva lasciato sul tavolo qualcosa come 700 milioni. Sette volte tanto. Sta tutta lì la nuova causa e il disconoscimento dell’accordo svizzero».
Lupo ha ragione, specie quando sostiene che «l’educazione, se così la vogliamo chiamare, impartita dai loro genitori abbia influito su comportamenti così “dysfunctional” come quelli di Edoardo e Margherita». […]