PERCHÉ LE DIMISSIONI DI PEDRO SANCHEZ RISCHIANO DI FAR ESPLODERE L’ASSE MACRON-SCHOLZ CHE HA ISSATO AL POTERE DELL’UNIONE EUROPEA LA “MAGGIORANZA URSULA” – IL SOCIALISTA SANCHEZ HA GETTATO LA SPUGNA PER EVITARE CHE IL PARTITO POPOLARE FINISCA PER ALLEARSI CON LA DESTRA DI VOX (CON MELONI CHE VUOLE CONVINCERLI A RIPUDIARE IL FASCIO-PASSATO) – SALDATA L’ALLEANZA MADRID-ROMA, PER I CONSERVATORI EUROPEI (POLACCHI, CECHI, UNGHERESI, LETTONI, SVEDESI, BULGARI, MA NON MARINE LE PEN) È NECESSARIA UNA FINIANA “SVOLTA DI FIUGGI” IN MODALITÀ UE: RIVERGINARE GLI IMPRESENTABILI PARTITI DI DESTRA VERSO UN CENTRO DEMOCRISTIANO GUIDATO E GARANTITO DAL PPE DI WEBER – UN POLITICO SBIANCAMENTO ANALE CHE COMPRENDE ANCHE L’INVITO DI CASSARE LA FIAMMA DEL MSI DAL SIMBOLO DI FRATELLI D’ITALIA…
Perché le dimissioni di Pedro Sanchez, con elezioni anticipate in agenda per il 23 luglio, rischiano di rappresentare uno scombussolamento per gli equilibri dell’Unione Europea. Scrive Marco Bresolin su “La Stampa”: “Da tempo ormai l’attenzione è puntata sulle elezioni europee che si terranno tra il 6 e il 9 giugno del prossimo anno. Si parla, spesso a sproposito, della possibilità che le urne possano ridisegnare i confini della maggioranza politica al Parlamento europeo, spezzando l’asse tra popolari, socialisti e liberali a favore di una nuova coalizione formata da Ppe e Conservatori, scenario al quale sta lavorando il segretario popolare Manfred Weber”.
Il leader socialista spagnolo ha gettato la spugna dopo il tracollo delle urne locali perché conosce bene il rischio di perdere ulteriori consensi. E mira, da qui al 25 luglio, di allacciare alleanze strategiche con i partiti centristi cercando di evitare che il Partito Popolare guidato da Núñez Feijóo, con l’astro nascente Isabel Diaz Ayuso, finisca per abbracciare l’ultradestra di Vox. Da una parte, la sconfitta dei socialisti spagnoli, da sempre filo-tedeschi. Dall’altra, un eventuale governo di centrodestra a Madrid sancirebbe l’alleanza con l’esecutivo di Giorgia Meloni che punta a fare massa critica con il Partito Popolare Europeo capitanato da Manfred Weber per far fuori l’asse Macron-Scholz che ha issato al potere del Consiglio di Bruxelles la “maggioranza Ursula”.
Rumors da Madrid sottolineano l’attivismo di Giorgia Meloni. La Regina della Garbatella, affermano, sta dialogando con i maldestri di Vox per convincerli a ripudiare il loro fascio-passato franchista e portarli, una volta ripuliti, verso un’alleanza di governo con il Partito Popolare spagnolo, diventando così “potabili e affidabili” per la nuova Unione Europea che uscirà dalle urne il prossimo anno. La trama meloniana prossimamente avrà il sigillo di Manfred Weber, che sta girando come un forsennato per escludere i socialisti dall’alleanza con il PPE, smanioso com’è di occupare il posto della connazionale Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea. Ai primi di giugno, infatti, Weber atterrerà a Roma per incontrare la Ducetta. Poi decollerà in direzione di Madrid per attovagliarsi con il leader del Partito Popolare Núñez Feijóo.
Una manovra a tenaglia che vede coinvolti, oltre ai membri del Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei con Meloni presidente (polacchi, cechi, ungheresi, lettoni, svedesi, bulgari, ma non Marine Le Pen che gioca per conto suo) anche il premier e leader del partito conservatore greco Kyriakos Mitsotakis, gran favorito per la prossima tornata elettorale. L’obiettivo dell’intesa tra Popolari e Conservatori europei è una finiana “svolta di Fiuggi” in modalità UE: riverginare gli impresentabili partiti di destra verso un centro democristiano guidato e garantito da Weber. Un politico sbiancamento anale che comprende anche la richiesta tedesca alla Giorgia del Fronte della Gioventù di cassare la vecchia fiammella del Msi dal simbolo di Fratelli d’Italia. Una maggioranza di centrodestra a Madrid, costruita sull’asse Pp-Vox, rappresenterebbe una sponda decisiva per l’esecutivo italiano. Al contrario, una riconferma dei socialisti finirebbe per inasprire l’isolamento politico della premier in Europa.
Ma si tratta di una lettura che non tiene conto di un elemento fondamentale: per far girare la macchina decisionale Ue servono due diverse maggioranze, una al Parlamento europeo e una al Consiglio. E non bisogna dimenticare che quest’ultima, spesso e volentieri, riesce a far valere meglio il suo peso. L’accordo per designare i nuovi vertici delle istituzioni Ue, dopo le elezioni del prossimo anno, nascerà come sempre nel chiuso del Consiglio europeo. Il (oppure “la”) presidente della Commissione deve sì essere votato dal Parlamento, ma viene prima nominato dal Consiglio. E l’intera squadra dei commissari è formata da personalità nominate dai rispettivi governi: il nuovo collegio, non rispecchierà la maggioranza politica dell’emiciclo, ma quella del Consiglio. Per questo il voto spagnolo rischia di rivelarsi ben più determinante di quello continentale del prossimo anno.
I popolari, pur perdendo diversi seggi, con ogni probabilità saranno ancora il primo partito. Ma per la prima volta non saranno al governo né in Francia né in Germania al momento delle nomine: una situazione inedita che difficilmente porterà Emmanuel Macron e Olaf Scholz a sostenere un (o una) presidente della Commissione frutto dell’asse tra Ppe e conservatori sognato da Weber e Meloni. Più realistica una riconferma di Ursula von der Leyen, probabilmente l’unica esponente popolare che può essere sostenuta sia dalla Francia che dalla Germania. Ma certamente una vittoria del centrodestra in Spagna rischia di creare una netta spaccatura e dunque uno stallo: Parigi e Berlino da una parte, Roma e Madrid dall’altra. Con l’incognita Varsavia, dove si voterà in autunno. Pedro Sanchez sa che la posta in gioco è anche europea. Per questo cercherà di sfruttare il palcoscenico offerto dalle prime settimane di presidenza spagnola dell’Ue. Il semestre di Madrid inizierà il 1° luglio e a metà mese il premier terrà il suo discorso al Parlamento di Strasburgo. Il posto ideale per lanciare l’allarme sul rischio che l’estrema destra di Vox prenda il controllo della Spagna e, di conseguenza, dell’Unione europea.