TAROCCHI GRATIS NEWSSe l’Italia piange, il resto d’Europa non ride. In tema di nascite, il nostro Paese è la cenerentola del Vecchio continente, con il tasso di natalità (ovvero il rapporto tra nati ed abitanti) più basso di tutti. La tendenza negativa in corso ormai dal 2008 è proseguita lo scorso anno e nei primi mesi del 2023. Ma stavolta gli altri grandi Paesi europei, che partono da livelli decisamente meno sconfortanti dei nostri, evidenziano cali ancora più vistosi. In particolare la Francia, che in Europa era riuscita finora a mantenere una fecondità relativamente alta, mostra segnali di forte cedimento e per la prima volta nel dopoguerra potrebbe scendere sotto la soglia delle 700 mila nascite.
Partiamo proprio dall’Italia. A fine luglio l’Istat ha diffuso i dati relativi ai primi cinque mesi, i quali evidenziano un ulteriore calo dell’1,4% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Procedendo a questo ritmo il 2023 dovrebbe far registrare alla fine circa 387 mila nascite, ovviamente l’ennesimo minimo storico. I numeri francesi sono diversi: nel 2022 erano nati circa 723 mila bambini, 19 mila in meno rispetto all’anno precedente. In percentuale una riduzione intorno al 2,5 per cento, simile a quella del nostro Paese. Il 2023 è partito però decisamente peggio: ci sono già i dati dei primi sei mesi, che evidenziano una contrazione vicina al 7 per cento. Se dovesse essere confermata, il consuntivo di fine anno si attesterebbe ben sotto la soglia delle 700 mila nascite, mai superata verso il basso dopo il 1945.
Questi numeri hanno già suscitato un dibattito nel Paese transalpino: la tendenza negativa viene messa in relazione all’incertezza, economica ma non solo, degli ultimi anni. Fattore che, se confermato anche nei prossimi mesi, si rivelerebbe più forte del tradizionale sostegno – finanziario e non – che lo Stato francese riserva ai genitori. Anche in Germania, soprattutto negli ultimi anni, lo Stato sociale è stato piuttosto generoso nei confronti delle famiglie. Ma ancora di più, dal 2015 in poi, avevano avuto un forte impatto sulle nascite i robusti flussi migratori. Il 2021 era stato un anno decisamente “abbondante”, con oltre 795 mila neonati.
Rispetto a questo picco, nel 2022 c’è stato un crollo notevolissimo, vicino in percentuale all’8 per cento, con poco meno di 739 mila nascite. Paradossalmente si tratta dello stesso anno in cui la popolazione complessiva è cresciuta in modo vistoso per l’afflusso di profughi dall’Ucraina. La Spagna, al pari dell’Italia, è invece incamminata già da tempo su una traiettoria discendente. Ora la flessione continua, anche se con percentuali meno appariscenti di quelle di Francia e Germania. Tra 2021 e 2022 la diminuzione è stata del 2 per cento, con un numero assoluto di nascite pari a 330 mila. Nei primi cinque mesi dell’anno in corso si delinea un ulteriore calo più o meno della stessa entità. Se l’Italia ha il tasso di natalità più basso, la Spagna detiene invece il primato negativo nel tasso di fecondità: ovvero il numero medio di figli per donna.
Età della pensione più alta, meno neonati. Nei Paesi mediterranei dell’Europa, a differenza di quelli continentali e di quelli nordici, la disponibilità di tempo dei potenziali nonni condiziona favorevolmente la scelta delle coppie di avere un figlio. E dunque le riforme che nel corso degli anni hanno spostato in avanti il momento dell’uscita dal lavoro avrebbero contribuito al calo della natalità che si è registrato in quei Paesi. È questa la tesi di fondo di uno studio della Banca d’Italia uscito nei giorni scorsi, che per dimostrarla usa dati relativi a 11 Paesi per il periodo 2004-2018. Si tratta di una conseguenza non voluta e per certi aspetti paradossale delle normative adottate negli ultimi anni, che avevano l’obiettivo di reagire all’invecchiamento della popolazione adattando i sistemi pensionistici e che invece – in questo modo – avrebbero l’effetto di accentuarlo nel medio-lungo periodo.
La ricerca, il cui autore è Edoardo Frattola, fa parte della collana “Temi di discussione” di Via Nazionale. L’analisi riguarda 11 Paesi: Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Svizzera. Grecia, Italia e Spagna sono quelli mediterranei, Danimarca e Svezia i nordici, gli altri sono continentali. Si tratta di una suddivisione non solo geografica, ma che tiene conto anche del funzionamento dei servizi sociali e del ruolo della famiglia. L’area nordica è caratterizzata da un forte supporto dello Stato sociale nei confronti delle famiglie con figli e da coppie che si dividono in modo piuttosto equo i lavori di cura.
In quella mediterranea al contrario le politiche familiari sono più frammentate e di solito meno generose, mentre sono storicamente forti i legami di solidarietà familiare anche tra le diverse generazioni. I continentali si collocano in qualche modo a metà strada soprattutto per quanto riguarda gli aiuti alle famiglie. Il pensionamento dei genitori influisce sul momento in cui le coppie decidono di avere figli, ma solo nell’area mediterranea. Più nel dettaglio, in questi Paesi la probabilità di nascita dei nipoti fa un balzo significativo proprio due anni dopo il momento in cui i futuri nonni maturano il diritto alla pensione. Questa variazione è invece molto più debole o statisticamente quasi nulla nelle altre due aree.
A conferma che il fattore determinante è la “supplenza” dei pensionandi nella cura dei bambini emergono anche altri dati: un’analisi più dettagliata dimostra che l’aumento della probabilità delle nascite dipende proprio dalla potenziale disponibilità dei nonni, ovvero dal fatto che questi sono in buona salute e vivono nelle vicinanze dei figli. Allora quali scelte dovrebbero fare i governi per provare a invertire la tendenza negativa delle natalità? L’autore dello studio osserva che il miglioramento dei servizi per l’infanzia (come ad esempio gli asili nido) potrebbe avere un effetto positivo nel caso l’elemento decisivo fosse proprio la debolezza di queste strutture. Ma se invece la forza dei fattori culturali e familiari fosse tale da risultare comunque decisiva, allora anche uno sforzo di questo tipo rischierebbe di essere insufficiente.
In Italia l’attuale fase di calo delle nascite è iniziata nel 2008, dopo un relativo recupero dai minimi toccati già alla metà degli anni Novanta. Le riforme delle pensioni sono invece in corso da almeno un trentennio e in questo arco di tempo e si sono succedute a distanza di pochi anni: prima la riforma Amato del 1992 che ha influito soprattutto sui meccanismi di calcolo degli assegni, poi la legge Dini del 1995 che ha introdotto il sistema contributivo, quindi le norme del 2004 e la legge Fornero del 2011 che hanno inciso in maniera più significativa sull’età pensionabile. Negli ultimi anni c’è stato qualche aggiustamento in senso contrario, con l’introduzione di deroghe: la più nota è Quota 100 in vigore tra il 2019 e il 2021.CONTINUA A LEGGERE SU TAROCCHI GRATIS