DAGO-RETROSCENA: COME BENIGNI E SERGIO MATTARELLA HANNO “CONCORDATO” L’INTERVENTO SULLA COSTITUZIONE DEL COMICO A SANREMO – QUANDO È STATO INVITATO DA AMADEUS, ROBERTACCIO HA CONTATTATO L’ENTOURAGE DEL QUIRINALE PER INFORMARE IL COLLE (I RAPPORTI PERSONALI TRA BENIGNI E MATTARELLA SONO OTTIMI) – A QUEL PUNTO FUORTES HA COLTO LA PALLA AL BALZO E HA INVITATO IL CAPO DELLO STATO – IL COMICO HA “INTERPRETATO” MOLTO BENE LE INQUIETUDINI QUIRINALIZIE SUL PRESIDENZIALISMO TANTO CARO ALLA MELONI – LA LEZIONE PER VESPA E LA CRISI DIPLOMATICA SFIORATA CON ZELENSKY…
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Quando Roberto Benigni è stato arruolato da Amadeus per il Festival di Sanremo, concordando l’intervento per celebrare i 75 anni della Costituzione italiana, il comico toscano, in ragione del suo rapporto personale con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è sentito in dovere di contattare l’entourage politico del Quirinale.
Benigni voleva dare ulteriori ragguagli al Colle sull’intervento che avrebbe preparato. A quel punto, l’attore premio Oscar ha avvisato l’ad della Rai, Carlo Fuortes che ha colto la palla al balzo e non si è lasciato sfuggire l’occasione di invitare direttamente il Capo dello Stato.
Per evitare inutili polemiche politiche, il monologo di Benigni sulla Costituzione e la stessa presenza di Mattarella sono stati tenuti coperti fino alla conferenza stampa di presentazione della prima serata del Festival.
E infatti, il cda di Viale Mazzini si è lamentato per non essere stato informato preventivamente da Fuortes, il quale, però, non aveva alcun dovere di comunicare al consiglio l’accordo preso con il Quirinale.
È una piccola lezione per Bruno Vespa, che avrebbe potuto tenere riservato l’accordo per un intervento di Zelensky a Sanremo. Parlandone a Domenica In, ha offerto in pasto al dibattito politico, e soprattutto ai suoi nemici in Rai, l’opportunità di impallinare lui e il povero presidente ucraino.
La scelta di Benigni di dedicare il suo intervento alle virtù della nostra Carta fondamentale ha incrociato le preoccupazioni di Mattarella sulla riforma costituzionale in senso presidenziale che ha messo in cantiere il governo di destra-centro di Giorgia & i suoi Fratelli.
Una dichiarazione della Meloni, in particolare, ha colpito il Colle: “il Presidenzialismo è un impegno che vogliamo mantenere. Vogliamo parlare con tutti, ma quel mandato vogliamo onorarlo”. In pratica, la Ducetta ha fatto intendere che coinvolgerà il parlamento e l’opposizione, ma non a tutti i costi.
In sostanza, è disposta anche ad andare avanti da sola. Come ha scritto Tommaso Ciriaco su “Repubblica”, il 3 gennaio, “secondo la leader c’è una precondizione per affrontare questo delicato dossier seguendo la via maestra della bicamerale: deve prima essere evidente la volontà dell’opposizione – o di una cospicua porzione di essa – di procedere assieme alla destra nella direzione di un intervento condiviso sulla Carta. Altrimenti la maggioranza farà da sola, senza commissione e senza mediare con le minoranza”.
Mattarella, a riguardo, è molto preoccupato, e per dare voce alla sua inquietudine, Benigni ha rimarcato lo spirito di collaborazione e di unità nazionale dei “padri e delle madri costituenti” al momento di stilare le norme basilari dell’Italia post-fascista. Tradotto: le riforme costituzionali non si fanno a colpi di maggioranza ma con il più ampio consenso parlamentare possibile.
Non casuale è anche il riferimento all’importanza dell’articolo 21 e alle censure del ventennio fascista. La sottolineatura che “Robertaccio” ha fatto sulla libertà di espressione e su come la tolleranza del dissenso sia una delle prerogative irrinunciabili della democrazia, risuona perfettamente con il pensiero di Mattarella, preoccupato che il necessario confronto tra maggioranza e opposizione si inasprisca fino alla rottura.
Ps. A proposito di Zelensky: la decisione di “partecipare” a Sanremo attraverso una lettera è una soluzione diplomatica dell’ultimo minuto. Il presidente ucraino si è molto stizzito per la giaculatoria politica intorno alla sua presenza al Festival, al punto da decidere di lasciar perdere.
Ma un suo passo indietro, avrebbe messo in grande imbarazzo la filo-atlantista e pro-Ucraina Giorgia Meloni, che dall’inizio del suo mandato non ha mai fatto mancare il sostegno italiano a Kiev.
Per evitare una figuraccia internazionale all’Italia, si sono attivati i canali diplomatici e, attraverso il lavorio di ricucitura dell’ambasciatore ucraino a Roma, Yaroslav Melnyk, si è arrivati alla toppa della letterina che sarà letta da Amadeus.