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Il mistero del lago Candido Montini…

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Fra i vicoli e le scalinate in pietra, i portici e le vecchie stalle, le porte di casa stavano aperte […]

Fra i vicoli e le scalinate in pietra, i portici e le vecchie stalle, le porte di casa stavano aperte se non spalancate. Non c’erano nemici né pericoli qui in paese, centodieci abitanti in maggioranza anziani, gatti ovunque come nemmeno su di un’isola greca, quattro bambini appena che ora scendono dallo scuolabus, metà delle abitazioni vuote, abbandonate, cadenti, un unico negozio, l’alimentari di Candido Montini, che era stato vicesindaco, aveva 76 anni e soffriva la filosofia della pensione sul sofà, difatti eccolo lì tutti i giorni nella bottega, anche poche ore prima di venir ucciso. Infine, un killer fantasma in mezzo a noi, da due settimane.

Era il 24 settembre scorso, un martedì, quando Montini, vedovo, due figli che vivono a valle, uomo religioso e devoto di Padre Pio, afflitto da acciacchi vari, cadeva nel suo soggiorno trafitto da plurime coltellate all’addome e al collo. Di un vicino la scoperta del cadavere: Montini non si vedeva in giro e la gente aveva iniziato a preoccuparsi.

Da allora il mistero di un delitto, la paura che l’assassino colpisca ancora e quelle porte di casa adesso chiuse a chiave, troppe voci su certi (presunti) segreti nella vita del signor Candido compresi innamoramenti senili, e i carabinieri che insistono a esplorare, in borghese, questa frazione di Garzeno, che di nome fa Catasco, nella zona alta del lago di Como, sopra Dongo, a due ore di macchina da Milano, il tratto conclusivo di strada formato dai tornanti e i costoni del San Bernardo, betulle e castagni.

E il killer si era presentato impugnando una lama: aveva dunque con Montini un conto in sospeso? Ci dice la signora originaria della Transilvania che da agosto, ogni venerdì, puliva l’appartamento del 76enne, il quale a sua volta le aveva affittato uno degli immobili di proprietà, proprio di fronte all’alimentari: «Non possedeva dei tesori nascosti che il killer avrebbe potuto cercare, in giro c’erano soltanto le scatole dei medicinali e comunque il negozio non rendeva granché. Non l’ho mai sentito discutere con nessuno. Se dimenticavi di ritirare il resto, anche di cinque centesimi, ti inseguiva».

La rapina, una rapina degenerata in tragedia, quale innesco del delitto, appare una mera messinscena: l’assassino aveva sì asportato il portafoglio dell’anziano abbandonandolo vuoto una trentina di metri in salita tra l’abitazione e la bottega, verso Garzeno.

Elemento, quest’ultimo, che potrebbe aver orientato gli investigatori nella direzione di fuga.

A meno che il killer stesso non sia, semplicemente, rincasato. Nascondendosi. In attesa d’ascoltare le chiacchiere nei bar sull’evoluzione delle indagini. I paesani si son detti disposti a sottoporsi alla prova del Dna così da allontanare i sospetti che sia stato davvero uno di Catasco ad aggredire Montini e infierire sul corpo; nell’autopsia, il medico legale ha isolato ferite compatibili con una disperata difesa dell’anziano che aveva provato a parare con le mani le coltellate.

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