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PARLA JANNIK SINNER NEO NUMERO 4 DEL MONDO

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TAROCCHI GRATIS NEWSDentro la valigia per Shanghai non c’è più spazio: Jannik Sinner ci ha infilato l’Atp 500 di Pechino (nono titolo in carriera, terzo stagionale, nell’anno del primo Master 1000 e della prima semifinale Slam), il tabù infranto con la bestia nera Medvedev (in finale è stato chirurgico e perfetto: 7-6, 7-6), il n.4 del mondo da lunedì e la qualificazione virtuale alle Atp Finals di Torino (per la certezza aritmetica gli basterà passare il primo turno a Shanghai). Tanto, tutto insieme, a 22 anni, in una settimana cominciata con il raffreddore e la nausea. Pechino rimarrà una pietra miliare della carriera, Jannik.

Di cosa va più fiero?
«Del modo in cui sono stato in campo. I primi due giorni in Cina non mi sentivo bene per niente, poi i problemi con Evans, un po’ meglio con Nishioka, il vomito con Dimitrov. Ho saputo superare le difficoltà, con Alcaraz e Medvedev stavo finalmente bene. Ho imparato dagli errori e mi sono piaciuto».

Con il senno di poi possiamo dire che la scelta conservativa di saltare il girone di Davis per preparare lo swing in Asia ha pagato?
«Non so se ho voglia di parlare di questo però sì, sono contento di come mi sono allenato dopo l’Open Usa. Non è che in due settimane ti inventi niente, eh, voi il lavoro non lo vedete ma c’è: giornate lunghissime, tra campo e palestra, io mi sento bene solo se alla fine sono stanco morto, perché vuol dire che mi sono allenato nel modo giusto. Vincere un torneo non cambia la vita ma convalida la bontà di quello che fai».

Il n.4 del ranking come Panatta nel ‘76 cosa significa, Jannik? E quanto conosce, lei nato nel 2001, della storia del tennis italiano?
«La storia la conosco, però andare oltre i risultati degli altri non mi dice niente. Non mi interessano i paragoni con il passato, cioè: voglio diventare forte io, Jannik Sinner, la sfida è con me stesso e la storia la costruisco per me, per nessun altro. Mi interessa condividere questi momenti con le persone che credono in me, i miei parenti e il mio staff. Solo questo conta. Poi vedremo quanto oltre i miei limiti riuscirò a spingermi».

Dice di conoscere la storia del tennis italiano. Il suo 2023 potrebbe essere un anno di svolta come lo fu il ‘76 per quella generazione?
«Ammetto di essere in una posizione piacevole, esco da Pechino con un notevole pieno di fiducia, ma non sempre è sufficiente. Niente, nel nostro mondo, è scontato. Non so cosa vi sembra da fuori però non esistono match facili, ogni settimana si ricomincia da capo. C’è più lavoro da fare adesso che sono diventato numero 4 del mondo, rispetto a prima. E non ci si ferma mai: le vacanze non esistono, servono a preparare la stagione successiva».

Ma insomma Jannik, almeno un brindisi e un involtino primavera se lo conceda, a 22 anni. Ci vediamo a Torino, okay, e poi a Malaga per le finali di Davis?
«A Malaga ci sarò. A me la dimensione della squadra, quella sensazione di Italia con la maglia azzurra, piace. Abbiamo la panchina lunga e tante scelte diverse anche per il doppio. La Coppa si può vincere».CONTINUA A LEGGERE SU TAROCCHI GRATIS

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