La sua è una delle dinastie più note del food italiano, di fama internazionale. E, in qualche modo, anche lui nel food ha deciso di investire, aprendo un locale underground in zona San Cristoforo sui Navigli di Milano. Ma da dieci mesi Antonio Ponti, 52 anni, erede della famiglia che produce aceto dal 1787, è ai domiciliari per spaccio di stupefacenti in una comunità di recupero della provincia di Varese. Di professione dj, Antonio Ponti non ha mai lavorato né avuto alcun ruolo nella storica azienda di famiglia, da sempre insediata a Ghemme, in provincia di Novara. Il 23 aprile scorso è stato fermato per un controllo da una volante di polizia del commissariato Lambrate, alle cinque del pomeriggio, a bordo della sua Dodge Challenger con vetri oscurati e targa lituana, in via Leoncavallo, alla periferia nord della città. Con lui c’erano tre altre persone con vari precedenti per droga e furto. Stando al capo d’accusa, Ponti aveva con sé 17 grammi di Md e oltre 9 grammi di cocaina. Subito è scattata la perquisizione nel suo appartamento e in un cassetto vicino alla scrivania è stato sequestrato di tutto: pillole di ecstasy, ketamina, hashish. Secondo gli esiti degli accertamenti affidati a un consulente, si parla di «4,3 dosi di cocaina, 56,7 di ketamina, 36,7 di Mdma, 235,5 di hashish» e piccole quantità di cannabis sativa e marijuana. Quasi tutte le sostanze erano divise in dosi, e c’era anche un bilancino di precisione, un paio di banconote da venti euro, un coltello per il taglio degli stupefacenti e un rotolo di carta stagnola. Così Ponti è finito nel carcere di San Vittore con l’accusa di detenzione ai fini di spaccio di droga e nel giro di qualche giorno ha ottenuto i domiciliari in una comunità di recupero del Varesotto, dove è agli arresti da quasi un anno. Dopo la richiesta di rinvio a giudizio. Ponti potrà difendersi dalle accuse davanti alla giudice: l’udienza preliminare è fissata per il prossimo 27 marzo.