Antonio Tajani ha consegnato a Repubblica un progetto che la premier detesta.
Propone di arricchire il programma di coalizione con lo Ius scholae ,forse di approvarlo con una maggioranza trasversale. La presidente del Consiglio è furiosa. Nella telefonata a tre con Matteo Salvini aveva chiesto di smetterla con questa pretesa. Inascoltata. I peggiori sospetti si saldano.
Il timore di uno sganciamento di Forza Italia, l’unico partito di governo che fa parte della “maggioranza Ursula” in Europa, si incrocia con l’ostilità verso i fratelli Berlusconi. Parte l’ordine di ignorare l’azzurro.
Ma Meloni è preoccupata. Sa che la situazione potrà soltanto peggiorare. Matteo Salvini teme il generale Vannacci e non può tacere. E infatti, a metà pomeriggio, il governo si squarcia con il siluro di Matteo Piantedosi. Se il ministro dell’Interno propone di cambiare le regole per diventare italiani, Meloni non può più fare finta di nulla.
C’è un dettaglio che manda su tutte le furie la premier: lo Ius scholaedi cui parla Forza Italia ricalca un’idea che la stessa Meloni aveva sostenuto pubblicamente nel 2022. Due anni, non due decenni fa. Fatica dunque a opporsi, ma è bloccata: incombe il progetto Vannacci, “nessuno nemico a destra” resta l’ossessione. Ne deve fare dunque una questione di forma e priorità.
Non è nel programma, dice, semmai in quello delle opposizioni. E non è un’urgenza. È il senso del messaggio che consegna a questo giornale Tommaso Foti, capogruppo di FdI titolato a interpretare il pensiero del capo: «Legittimo che Tajani ribadisca una convinzione sua e del suo partito – premette – Resta il fatto che sia il Pd che altri gruppi d’opposizione hanno presentato a inizio legislatura una proposta sulla cittadinanza, ma mai hanno chiesto di iniziare l’esame». Premi e metti in difficoltà l’esecutivo più del centrosinistra, è il messaggio a Tajani. «Nei prossimi giorni – aggiunge – la maggioranza dovrà iniziare ad affrontare tra i temi più rilevanti quello della legge di stabilità». Di altro, insomma, ci occuperemo.
Meloni considera allarmante l’attivismo azzurro. E osserva le mosse dei fratelli Berlusconi, indispettita. Fonti autorevoli del cerchio magico meloniano si soffermano su dettagli all’apparenza insignificanti. Fanno notare ad esempio un’intervista di Pier Silvio dopo Milan-Monza nel trofeo Berlusconi, concessa con al fianco uno dei suoi figli: rappresenterebbe, questa è la tesi ardita, un indizio della tentazione di impegnarsi in prima persona. Sospetti e paranoie, specchio di una sindrome da accerchiamento che a Palazzo Chigi straripa. Vale lo stesso per la paura che indefiniti poteri forti si stiano muovendo per rovesciare l’esecutivo.
Su Tajani il giudizio della premier è più complesso. Il rapporto con Meloni è antico e consolidato. Ma è evidente che l’azzurro interpreta una spinta che non arriva solo dai fratelli Berlusconi (ormai celebre l’intervista d Marina sui diritti), ma anche da settori sempre più larghi del partito. Anche ieri, dopo l’intervista aRepubblica , molti dirigenti si sono esposti a suo favore. E non basta.
C’è un punto che angoscia più di altri Meloni e i suoi colonnelli. È un passaggio di Tajani in cui indica il target elettorale di Forza Italia: «Diciamo, tra Meloni e Schlein». Alla leader non piace l’idea di voler trasformare Forza Italia in un ponte tra le due coalizioni, pur restando lealmente nel centrodestra. Per la premier, quello di Tajani è un posizionamento potenzialmente utile a smarcarsi in futuro, nel caso in cui l’attuale esecutivo andasse in crisi e si aprissero scenari diversi.
Figurarsi allora la reazione di Palazzo Chigi alle moltiplici aperture di Pd, 5S e addirittura Avs sullo Ius scholae .
Paranoie e accerchiamento. Che rendono ancora più sottile la lastra di ghiaccio su cui pattina il vicepremier. Attento a non strappare con Meloni, attentissimo a interpretare la sensibilità dei Berlusconi. L’obiettivo politico resta quello di allargare il consenso e mantenere FI ancorata al Ppe. In cima all’interesse del ministro degli Esteri c’è però soprattutto un’area, quella cattolica. Anche in questo caso, il calcolo è frutto di un’analisi dei sondaggi.
I più recenti indicano lo ius scholae come gradito all’opinione pubblica, con una distinzione: non riscuote particolare consenso tra gli elettori di destra, ma è sostenuto dal mondo cattolico. È proprio quello il prossimo bersaglio di Tajani. Lo stesso mondo a cui parla Piantedosi dal palco del Meeting. Il ministro dell’Interno due vite fa era prefetto di Bologna, dove il cattolicesimo democratico considera l’inclusione una priorità. Il segnale è chiaro.