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RICHIAMATE DRAGHI

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L’INQUIETUDINE DI MATTARELLA SULLA INSTABILITA’ DEL GOVERNO PER LA LOTTA CONTINUA TRA MELONI E L’ASSE SALVINI-BERLUSCONI – LA SPARATA (PREPARATA) DI ZELENSKY SU NONNO SILVIO AVRÀ SUBITO UNA DEVASTANTE RICADUTA SULLA PARTITA DELLE NOMINE DELLE PARTECIPATE. IN BARBA ALLA DUCETTA, LA STRATEGIA DI MATTEO & SILVIO: VIA TUTTI COLORO CHE SONO STATI NOMINATI DAI GOVERNI DI CENTROSINISTRA, SI AZZERA TUTTO – SCARONI GRAN SUGGERITORE DI SALVINI ANTI-ENI – L’INCAZZATURA DEI MELONIANI CON GLI ANGELUCCI: “LIBERO” STA CON NOI O CON LA LEGA? – A MEDIASET PREPARANO LA RIVOLUZIONE DEL PROSSIMO PALINSESTO DI RETE4 PER “RIEQUILIBRARE” LO SPAZIO AI PARTITI DI MAGGIORANZA: PIÙ FORZA ITALIA E MENO FDI…

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è piuttosto preoccupato. I recenti episodi che hanno coinvolto Berlusconi, Zelensky e Giorgia Meloni hanno alimentato il timore che il governo possa finire preda delle sue instabilità interne. Quel che agita il Colle è rilevare che, nella più totale assenza di opposizione, la maggioranza è riuscita a crearsela dall’interno. E pure forte.

Dal Presidenzialismo da instaurare al Superbonus da modificare, dal sostegno all’Ucraina al dossier sulle nomine delle Regionali e delle Partecipate, si ripete lo stesso copione: Giorgia Meloni da un lato, il tandem Berlusconi-Salvini dall’altro.

Intanto, all’opposizione, galleggia un Pd che ha perso la sua anima, totalmente sfarinato in tante correnti, vittima delle sue contraddizioni e della lotta di potere per la segreteria.

Il M5s, con il suo Camale-Conte tutto D’Ampezzo, si è accomodato su una rendita di posizione, conquistata con la campagna elettorale incardinata sul Reddito di cittadinanza, e il Terzo Polo ormai sepolto sotto il peso degli ego-confliggenti Calenda e Renzi.

Nelle stanze damascate del Quirinale la frase siluro di Zelensky al Cav, pronunciata durante la conferenza stampa con Giorgia Meloni a Kiev (“La casa di Berlusconi non è mai stata bombardata dai missili. Non è mai successo che un suo partner russo arrivasse coi carri armati in giardino, nessuno ha ammazzato i suoi parenti. Il signor Berlusconi non ha mai dovuto fare la valigia alle tre di notte per scappare, non ha visto sua moglie che deve trovare cibo per la famiglia…e tutto questo grazie all’amore fraterno della Russia”), è deflagrata come un petardo in una fabbrica di fuochi d’artificio.

Le frasi dell’ex comico sono state interpretate come un segnale di sfiducia nei confronti della maggioranza che sostiene il governo. Come a dire: difficile fidarsi dell’Italia con gli amici di Putin all’interno dell’esecutivo. A conferma della diffidenza del presidente ucraino, c’è il sospetto, divenuto via via certezza, che il siluro al curaro sul Cav fosse preparato (chissà se lo erano anche la domanda e la traduzione simultanea fatta da Donna Giorgia…).

Gli “addetti ai livori” hanno notato una mancanza di prontezza da parte della premier nel difendere quello che, solo qualche giorno fa, aveva definito il “miglior ministro degli esteri che l’Italia abbia avuto”.

E Zelensky, con una malizia sospetta, ha evitato di pubblicizzare l’incontro con la Meloni sul suo profilo Twitter, dove di solito trovano ampio spazio i suoi incontri internazionali (qualche ora fa, ad esempio, si è addirittura congratulato con il presidente delle Comore, non proprio un leader di primo piano), condividendo le clip della conferenza stampa solo su Instagram e Facebook.

In tutto questo, Matteo Salvini tace. Non ha diffuso un comunicato per difendere Berlusconi, né ha dato man forte alla Meloni sulle sue posizioni euro-atlantiste. Il segretario della Lega continua a mantenere un profilo basso sulle questioni internazionali, dopo i pasticci dei mesi scorsi, avendo forse compreso che meno parla e meglio è.

Il suo silenzio non tranquillizza la Ducetta, che teme un asse tra il “Capitone” e il “Banana” per metterla all’angolo su tutte le questioni di governo. Infatti, l’ira funesta del Cav sul caso Zelensky peserà, e molto, sulle nomine alle Regionali e nelle società partecipate. Forza Italia sente di avere la “golden share” della maggioranza, e non esiterà a farla pesare sulle scelte chiave.

Le liste per le partecipate andranno presentate entro il 15 marzo e ciascuna di esse avrà al primo posto un candidato presidente e al secondo un amministratore delegato. Già da quelle, dunque, sarà possibile avere un quadro più chiaro delle reali intenzioni dei Gianni e Pinotto della maggioranza.

L’idea di fondo che agita Salvini e Berlusconi è cambiare tutto: non vogliono dare continuità ai dirigenti ereditati dai governi di centrosinistra o dall’esecutivo Draghi. Il ragionamento è: se non azzeriamo un vecchio sistema di potere, quale reale cambiamento apportiamo?

È in questo contesto che va letto l’affondo di Matteo Salvini sulla necessità di una discontinuità in Enel e in Eni, dove, secondo i leghisti, abbondano i capoccioni piazzati dal Partito democratico (da Lapo Pistelli a Antonio Funiciello). Medesimo conflitto tra gli alleati si consuma sulla Rai: Giorgia Meloni vorrebbe tenere Carlo Fuortes fino alla scadenza del suo mandato (2024), mentre Forza Italia e Lega chiedono un immediato cambio al vertice di Viale Mazzini.

A suggerire al segretario della Lega di calare la scure sul cane a sei zampe è stato Paolo Scaroni. Da presidente del Milan, di cui Salvini è gran tifoso, l’ex ad di Eni è diventato grande amico del fidanzato di Francesca Verdini. Scaroni, checché ne dicano alcuni retroscena che lo descrivono interessato alla presidenza di Enel, in realtà brama una grande rentrée in Eni, come presidente, anche per “vendicarsi” del suo ex amico Claudio Descalzi, che gli ha fatto fuori tutti i suoi.

A confezionare le indiscrezioni sulle nomine, vendute come “fonti della Lega”, c’è Andrea Paganella, ex capo della segreteria di Salvini ai tempi del Viminale. Tant’è che lo stesso Paganella potrebbe rappresentare la Lega, insieme a Giulio Centemero, e forse Alberto Bagnai, nel famigerato “tavolo delle nomine” che la maggioranza potrebbe aprire per ripartire le poltrone, in barba alla pijatutto Meloni (gli Ad a noi, le briciole dei presidenti agli alleati).

Per Forza Italia ci potrebbero essere Licia Ronzulli, Alessandro Cattaneo e un terzo, nominato direttamente da Berlusconi. Per Fratelli d’Italia Francesco Lollobrigida e Giovanbattista Fazzolari, che però fatica, a causa del suo carattere diffidente e ruvido, a trovare una postura “andreottiana” nella gestione del potere, a differenza di “Lollo”. Daniela Santanchè e Romano La Russa sono stati dirottati a trattare la complessa composizione della giunta della Regione Lombardia, che vede Fontana favorevole alla riconferma di Bertolaso all’assessorato-chiave della Sanità contro i desiderata del duo La Russa-Santanché.

La spinta verso l’azzeramento dei vertici delle partecipate segnerà l’inizio della battaglia: da quel momento sarà tutto un mercanteggiare, una lunga ed estenuante trattativa per incasellare pedine, ruoli e poltrone, fatta di minacce e ricatti.

Oltre ai due guastatori Salvini e Berlusconi, Giorgia Meloni ha diverse beghe, interne al suo partito, da gestire. In primis le scorie del caso Cospito: il sottosegretario alla giustizia, Andrea Delmastro, è indagato per rivelazione di segreto d’ufficio, per aver condiviso con il coinquilino, Giovanni “Minnie” Donzelli, le intercettazioni del terrorista anarchico al 41 bis.

Poi c’è stata la condanna definitiva per peculato per la curvacea Augusta Montaruli, fedelissima di Giorgia, costretta a dimettersi da sottosegretario all’Università per peculato.

Infine la ministra del Lavoro, Marina Calderone, tecnica in quota Fdi, è inciampata insieme al marito, Rosario De Luca, in un potenziale guaio giudiziario: la Guardia di Finanza sta indagando sulle presunte irregolarità nella gestione dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, ente di cui è stata presidente per 18 anni.

Inoltre, tengono banco le tensioni tra i due sottosegretari di Palazzo Chigi, il coriaceo guru Fazzolari e il mite Alfredo Mantovano. Senza considerare il mal di pancia del cerchio magico di Giorgia verso il capo di gabinetto della premier, Gaetano Caputi. Agita le acque del partito anche la fronda interna dei “gabbiani”, guidati da Fabio Rampelli.

I fedelissimi di Giorgia si chiedono: ma “Libero” sta con noi o con la Lega? Il retropensiero è: con quale faccia viene a bussare alla nostra porta per promuovere i suoi interessi editorial-sanitari, se poi è così sdraiato sulle ruote del Carroccio?

A Mediaset si sta ragionando su come utilizzare la leva della comunicazione per “destabilizzare” il consenso della Ducetta.

È allo studio una rivoluzione nei palinsesti di Rete 4 sull’informazione, già a partire dal prossimo settembre. Lo spazio dedicato ai partiti di centrodestra potrebbe essere “riequilibrato”: più attenzioni a Forza Italia e Lega, e meno ai baldanzosi Fratelli d’Italia.

FONTI…
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