Ritrovarsi a terra dopo una vita da imprenditore, a 50 anni. A terra per davvero, sotto i portici di via Muzio Scevola vicino alla stazione di Lambrate, dove ha collocato il suo giaciglio ora che non può pagarsi nemmeno l’ostello. È italiano, nato a Sesto San Giovanni, e decide di raccontare la sua odissea a patto che resti anonimo: «Ho una figlia negli Stati Uniti, non sa che vivo in strada, che da un anno sono un clochard. Mi vergogno. Anche i parenti ne sono all’oscuro, più o meno. Parlo tre lingue: inglese, francese e thailandese».
Dice che l’esistenza è deragliata «dopo aver aperto un ristorante ad Affori», perché il socio, «un amico di vecchia data, nel 2022 è scappato con la cassa: 400mila euro. Avevo investito tutto in quel locale. Ero appena tornato dalla Thailandia, anche lì ristoratore, e avevo acquistato una casa a Monza con il mutuo. Dopo l’imprevisto professionale e le prime rate non pagate, la banca s’è presa l’abitazione. Mio fratello mi ha ospitato per qualche mese, poi ho deciso di uscire, mi sentivo ingombrante…».
Ironia della sorte, il suo attuale dormitorio è di fronte a un ristorante (Il Calabrone, «il proprietario è gentile, sempre disponibile a prepararmi una pizza o una pasta») […] «Non ho mai fatto l’elemosina, ho sempre voluto lavorare, infatti sono “ripartito” come magazziniere con un contratto a tempo determinato. Non è stato rinnovato, ma finché percepivo la Naspi potevo dormire in ostello. Successivamente ho faticato in qualche cantiere edile ma senza garanzie. Quindi la strada».
Una cosa: come ha fatto a non accorgersi che il suo socio stava svuotando il conto? «Ripeto, era un amico, mi fidavo. Un giorno vado a fare la spesa e pago con la carta della società: transazione negata. L’indomani mi reco in banca, l’impiegato dice che ho ricevuto diversi alert via mail per alcuni bonifici “pesanti”. Mi arrabbio: perché non avvisarmi per telefono, chiamandomi? Non guardavo la posta elettronica. I bonifici sono stati fatti a società fittizie riconducibili a quel farabutto. Quando l’ho rivisto in Tribunale mi ha sorriso e chiesto come stessi. Chissà se la giustizia mi restituirà qualcosa in tempi ragionevoli…».
«Ho capito, da questa postazione, che ci sono tre tipi di persone: quelle indifferenti, quelle schizzinose che ti fanno un video considerandoti un elemento del degrado, e quelle generose che ti ospitano in casa per una doccia. Come Marco e Martina, proprio in via Muzio Scevola. Eppure una casa dove andare ce l’avrei…». In che senso? «In via Padova, c’è un immobile che apparteneva a mia nonna. Oggi è occupato abusivamente da una famiglia di stranieri che non se ne vuole andare.» […]