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SAMAN ABBAS HO VISTO MIO ZIO CHE PRENDEVA SAMAN PER IL COLLO

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TAROCCHI GRATIS NEWSNella testimonianza davanti alla Corte di assise di Reggio Emilia il fratello di Saman ha parlato anche di altri due parenti, due figure già emerse negli atti dell’inchiesta e del processo e non imputate. Spiegando che questi due arrivavano nella casa di Novellara “a dare consigli brutti”, ai genitori, quando la sorella era in comunità e anche dopo, prima che venisse uccisa. “Facevano queste conversazioni, ma mi mandavano subito via”, ha detto parlando di uno zio e di un cugino. “Ho visto tutta la scena. Io ero alla porta. Mia sorella camminava, mio zio l’ha presa dal collo e l’ha porta dietro alla serra. Ho visto i cugini, solo la faccia”. Lo ha detto in Corte di assise il fratello di Saman, raccontando gli istanti finali della vita della ragazza, uccisa a Novellara, la sera del 30 aprile 2021, accusando così nuovamente lo zio e i cugini del delitto organizzato, in ipotesi di accusa, dai cinque familiari. Il corpo è stato trovato un anno e mezzo dopo, in un casolare diroccato nelle vicinanze. Il fratello di Saman Abbas “allo stato non è stato iscritto nel registro degli indagati” della Procura per i minorenni di Bologna. Lo si è appreso nel corso dell’udienza in Corte di assise a Reggio Emilia, dopo che la presidente Cristina Beretti aveva sollecitato la richiesta di informazioni all’ufficio minorile. “Voglio parlare, voglio dire tutta la verità” ha detto il giovane, annunciando la decisione di rispondere alle domande. Questo, dopo l’ordinanza della Corte di assise reggiana che aveva dichiarato inutilizzabili le dichiarazioni del ragazzo in precedenza, tra maggio e giugno 2021, perché, secondo i giudici, doveva essere iscritto nel registro degli indagati. Imputati sono cinque familiari: i genitori (la madre latitante), lo zio e due cugini. E’ stato fatto entrare prima dell’ingresso dei parenti e viene sentito dietro ad un doppio paravento. T-shirt nera, pantaloni grigi, è assistito dall’avvocato Valeria Miari. Una serie di “non ricordo” alle domande dell’avvocato Luigi Scarcella, difensore del cugino imputato, Nomanhulaq Nomanhulaq, pronunciati in italiano. Le prime domande al fratello di Saman, sentito nell’udienza sull’omicidio della sorella, vertono sul telefono utilizzato all’epoca dei fatti, aprile e maggio 2021, e sulle date in cui venne sentito dai carabinieri e dal pm. In aula, mentre il ragazzo parla, è presente anche il padre, Shabbar Abbas, i cugini e lo zio Danish Hasnain. Nelle precedenti dichiarazioni, ritenute inutilizzabili, il ragazzo accusava i familiari. Il testimone, che ha da poco compiuto 18 anni, è coperto da un paravento, ma il suo volto è ripreso negli schermi a lato dell’aula dell’assise. Quando in passato affermò che i suoi cugini non c’entravano nulla “ho detto una bugia perché mio padre mi disse di farlo, mi ha detto di non dire niente”, ha risposto il ragazzo alle domande dell’avvocato del cugino. “Io da piccolo avevo paura di mio padre e di mio zio”, ha aggiunto. “Quando sono andato dall’altro giudice – ha continuato – ho detto che non hanno fatto niente, ero costretto da mio padre”. Quando avvenne? “Non lo ricordo. Ma prima e dopo mi hanno chiamato e detto di non dire niente dei cugini”. Qualcuno ti aveva detto che Saman era stata seppellita, gli è stato chiesto. “Sì”, ha risposto il giovane, sottolineando che la richiesta era arrivata da “Noman, gli avevo chiesto io, perché volevo abbracciare mia sorella. Ma l’ho chiesto anche allo zio, prima di partire per Imperia”. Nei giorni successivi alla scomparsa della ragazza, maggio 2021, il giovane partì per la Liguria, insieme allo zio, ma venne fermato ad un controllo e portato in una comunità per i minorenni, all’epoca era sedicenne. Lo zio invece lasciò l’Italia e venne rintracciato in seguito, mesi dopo, in Francia. E perché di questo, ha domandato l’avvocato di Nomanhulaq, non parlasti negli interrogatori al pm e ai carabinieri? “Perché non mi dissero di preciso dov’era, solo che era sotto terra. E sempre per la questione di mio papà, avevo paura di lui”. “Mentre facevano i piani, io stavo sulle scale ad ascoltare, non tutto ma quasi. Ho sentito una volta mio padre che parlava di ‘scavare'”, ha raccontato ancora il fratello di Saman. Chi faceva i piani? “Noman, papà, mamma e altri due, Danish e Ikram”. Il giovane ha indicato i cinque familiari imputati per l’omicidio della sorella come persone presenti in questa conversazione, in camera da letto, che lui ascoltò, nei giorni prima della scomparsa: il cugino Nomanhulaq Nomanhulaq, il padre Shabbar Abbas, la madre Nazia Shaheen, lo zio Danish Hasnain e l’altro cugino Ikram Ijaz. Dov’era Saman mentre sentivi queste cose? “Non ricordo, sono confuso”. E, dopo una lunga pausa di silenzio, ha ribadito di non ricordarsi. La riunione durò “più o meno mezz’ora”. Oltre a “scavare”, il giovane ha detto che ricorda di aver sentito anche “passare dietro alle telecamere”. Nella scorsa udienza, venerdì, la Corte aveva emesso un’ordinanza dove si diceva che le dichiarazioni del giovane pachistano sono inutilizzabili, perché nel 2021 doveva essere indagato, anche a sua garanzia, nel procedimento per omicidio della sorella. La sua veste processuale era dunque mutata da testimone a quella di potenziale indagato in un procedimento connesso. L’ordinanza è stata inviata dalla Procura reggiana a quella per i minori, competente perché all’epoca il fratello di Saman aveva 16 anni.CONTINUA A LEGGERE SU TAROCCHI GRATIS

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