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Tom Selleck

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Quando incontri una star del cinema o della tv che hai conosciuto nei panni di un avvocato di grido, un politico in carriera, uno serio-serio insomma, è sorprendente ritrovarla in jeans e T-shirt, vestita sportiva o casual, fuori dal look che l’ha resa famosa. È ciò che non succede con Tom Selleck, che rimane fedele al personaggio di Thomas Sullivan di Magnum, P.I. o del Capo della Polizia newyorchese, Frank Reagan, di Blue Bloods.

Gilet e camicia, un paio di scarpe da pallacanestro. Che sono un richiamo alla sua giovinezza, quando era un giocatore per la University of Southern California, non difficile da immaginare grazie a una statura di 1 metro e 95 centimetri e una corporatura ancora atletica nonostante il prossimo 29 gennaio arriverà a toccare quota 80 anni.

La storia della sua vita e le tappe dei suoi successi sono raccontate, con la pacatezza che lo contraddistingue, nell’autobiografia appena uscita negli States e intitolata You Never Know. A Memoir (Harper Collins Publishers). «La mia carriera è stata del tutto accidentale. Essere cresciuto a Los Angeles, dove soprattutto queste cose succedevano davvero, può essere stato un vantaggio, ma la realtà era che stavo studiando economia per diventare businessman come mio padre e giocavo a basket perché mi piaceva lo sport ed ero alto.

Con un momento di umiltà vera, che non dimentico: quando marcai un giocatore dell’Università della California che si chiamava Lew Alcindor, ovvero “Kareem Abdul Jabbar” (campione Nba diventato poi scrittore, attore e attivista, ndr). Non ero un grande studente, anzi minacciavano continuamente di buttarmi fuori dalla facoltà e se non fosse stato per il basket l’avrebbero fatto.

Il preside dell’università disse che ero “il più incredibile esempio di mediocrità che avesse mai visto”. Così quando mi iscrissi a un corso di storia teatrale, pensando che sarei riuscito ad avere un voto facile almeno in quella materia, non potevo immaginare che quella decisione avrebbe cambiato la mia vita».

La fortuna volle che Selleck fosse prima scritturato per la parte di un, guarda caso, giocatore di basket in una pubblicità della Pepsi Cola, poi in un’altra di un dentifricio («Ho sempre avuto dei bei denti», spiega, «quindi mi pagarono per flirtare per due giorni con una giovanissima Farrah Fawcett»), infine venne preso come uno degli scapoli di un gioco tv ante-Tinder che si chiamava Dating Game. Era impacciato e nervoso, confessa, ma ancora una volta corporatura e simpatia lo portarono a essere scelto da un talent-hunter della Fox.

Insomma, una carriera al debutto non proprio stellare: qualche particina in western dimenticabili, qualche personaggio di soap televisive, poi nell’80 – a quasi 35 anni – la Cbs gli propose di interpretare la parte di un investigatore privato che lavorava alle Hawaii: Thomas Sullivan, detto Magnum. E dopo aver girato il “pilot”, mentre aspettava di sapere se la Cbs l’avrebbe messa davvero in programmazione, gli arrivò una telefonata. «Steven Spielberg e George Lucas mi chiamarono e mi chiesero di andare nel loro ufficio per un’audizione. Il film si chiamava I predatori dell’arca perduta e mi volevano per la parte di Indiana Jones.

Arrivai, li incontrai, e mi dissero che tutto era in grande segretezza. Decisero poi di richiamarmi e a quel punto mi fecero leggere quello che, secondo me, era il miglior copione che avessi mai letto. Mi offrirono la parte. A quel punto la Cbs diventò gelosa e decise di non mollarmi e di non liberarmi dal contratto per Magnum, P.I.. E così dovetti rinunciare a Indiana Jones. Suppongo che Harrison Ford sappia che lui era solo una seconda scelta. Però devo dire che ha fatto un lavoro eccellente!».

Magnum, P.I. diventò comunque ben presto un grande successo internazionale: 163 episodi e otto stagioni. Selleck era ormai una star tv di prima grandezza, conosciuto in tutto il mondo. […] Nel frattempo Tom aveva incontrato e sposato nel 1987 la ballerina inglese Jillie Mack, dalla quale ha avuto una figlia, Hannah. Il loro è ancora uno dei matrimoni più solidi e riusciti di Hollywood.

«Un giorno l’ufficio di produzione di Magnum, P.I. mi chiamò per dirmi che Frank Sinatra voleva essere ospite nello show e che dovevo chiamarlo io perché voleva essere corteggiato. Non avevo la più pallida idea di cosa fargli fare, ma lo chiamai. “Non mi importa del copione”, mi disse, “voglio solo prendere a pugni qualcuno. E non dovete pagarmi, solo rimborso spese”. Fantastico, no? Solo che alla fine accumulò 250mila dollari di spese, per cui non fu proprio a buon mercato! Ma resta l’ultima volta in cui Sinatra lavorò come attore».

Selleck è un miniera di aneddoti esilaranti, potrebbe andare avanti per ore. Parliamo di In & Out, memorabile perché nessuno si aspettava che potesse interpretare la parte di un gay; di Friends, dove interpretava il ruolo del fidanzato un po’ attempato di Monica; di Blue Bloods, dramma poliziesco centrato sulla famiglia Reagan: «14 stagioni e siamo tristissimi che finisca quest’anno. Volevo intitolare la mia biografia Non so dove vado, ma non vale la pena essere in ritardo, ma l’editore mi ha convinto a cambiarlo in vista della mia carriera futura in… You Never Know, non si sa mai».

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